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Da inizio giugno 2018, mentre alle navi umanitarie viene impedito di salvare vite e le stesse vengono allontanate dalla zona di soccorso al largo della costa libica, in Mediterraneo centrale si contano almeno 717 nuove vittime (fonte IOM – Organizzazione Internazionale per le Migrazione, aggiornata al 19 luglio).
Noi di ActionAid aderiamo insieme a molte altre organizzazioni alla lettera di SOS Mediterranée nella convinzione che la sicurezza delle persone debba essere al centro di ogni decisione sul tema.
L’Aquarius, la nave noleggiata dall’organizzazione europea di soccorso in mare SOS MEDITERRANEE, riprende il mare perché degli esseri umani continuano a perdere la vita nel tentativo di fuggire dall’inferno libico. Riprende il mare perché il soccorso è un suo dovere, una sua responsabilità, la sua missione e quella dei marinai a bordo. È anche un dovere per tutte le altre navi che navigano nel Mediterraneo centrale e per i loro equipaggi. Al giorno d’oggi più che mai, le navi dedicate alla ricerca e al soccorso di imbarcazioni in pericolo non sono mai abbastanza.
Alcuni dicono che sarebbe complice del dramma umanitario che si svolge in Mediterraneo, è falso. Il suo solo ed unico obiettivo è quello di salvare vite in mare, di impedire che donne, uomini e bambini anneghino. Tutte le sue azioni sono guidate da un solo imperativo profondamente ancorato nel diritto marittimo internazionale: soccorrere le persone in pericolo di morte in acque internazionali nel più breve tempo possibile. E portarle quanto prima verso un luogo sicuro e vicino, dove possano ottenere la protezione a cui hanno diritto, dove i loro bisogni siano soddisfatti e i loro diritti garantiti.
L’Aquarius si impegna a coordinare sempre tutte le sue azioni con le autorità marittime, qualunque esse siano, come ha sempre fatto in passato. Si impegna a seguire tutte le istruzioni che abbiano come unico scopo il soccorso nel rispetto delle convenzioni marittime internazionali. In ogni circostanza farà riferimento al suo dovere superiore di portare assistenza.
Di fatto, se venendo a conoscenza di un’imbarcazione in pericolo, l’autorità marittima competente le desse ordine di non avvicinarsi né di portare assistenza – come è già successo negli ultimi mesi – non si conformerà a queste istruzioni di non-assistenza a meno di non avere la certezza che tutti gli altri mezzi a disposizione siano dispiegati per salvare le persone in pericolo e per portarle al riparo in un luogo sicuro.
Allo stesso modo, se ricevesse istruzione di restare in attesa mentre il pericolo è imminente e mentre lei ha la possibilità di salvare delle persone da annegamento certo, non potrà attendere.
Infine, se le si dovesse ordinare di sbarcare le persone soccorse in un porto della Libia o di trasbordarle verso una nave che le riporterebbe verso l’inferno che stanno fuggendo, si rifiuterà sempre. La Libia non può in alcun modo essere considerata come un luogo sicuro.
Suo malgrado, l’Aquarius è diventata un simbolo di solidarietà marittima. Vuole essere gli occhi e le orecchie dei cittadini che, come lei, ritengono che in mare e a terra soccorrere chi è in pericolo sia più importante di ogni altra considerazione.
Mentre questo principio fondamentale e riconosciuto viene rimesso in discussione nel Mediterraneo centrale, l’Aquarius si impegna a rendere pubblico, con la massima trasparenza, tutto ciò di cui sarà testimone in mare. Si impegna ugualmente a denunciare tutto ciò che contravverrà alle regole del soccorso in mare definite da vari decenni dalle convenzioni marittime internazionali.
L’Aquarius riprende il mare.
Siamo tutti #onboardAquarius
(photocredit: Alva White/MSF)