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La siccità provoca più danni di molte altre problematiche legate al clima. Causa più morti e costringe più persone all’emigrazione ambientale, un fenomeno di cui si parla da qualche anno e che aumenterà negli anni a venire. Sono milioni le persone interessate dalla siccità e dalla desertificazione nel mondo, e si stima che per il 2025 ci saranno 1,8 miliardi di uomini, donne e bambini che dovranno affrontare la scarsità di acqua, e due terzi del mondo vivrà costantemente in condizioni di stress correlato al suo approvvigionamento.
Il 17 giugno è la Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità, un tema che interessa ogni parte del pianeta e che nel 2021 tratterà nello specifico della trasformazione di terreni degradati in terreni sani, per garantire il recupero delle biodiversità e ridurre i livelli di CO2 nell’aria. È stata istituita nel 1995 dalle Nazioni Unite, per promuovere consapevolezza e stimolare gli sforzi internazionali per combattere la desertificazione e gli effetti della siccità.
Perché il pianeta terra funziona grazie a una serie di meccanismi che lavorano in sinergia: piante, animali e fenomeni atmosferici sono legati gli uni agli altri e si danno vita a vicenda. Ma quando i pezzi cominciano a cedere, questo equilibrio si rompe e hanno inizio le catastrofi naturali, con effetti devastanti.
Siamo in una situazione di siccità quando il terreno è troppo secco per poter essere coltivato. I raccolti falliscono, non c’è acqua potabile e il bestiame muore: tutto questo causa una profonda insicurezza alimentare per le popolazioni, costrette spesso a scappare o a combattere per le riserve d’acqua. Il terreno è generalmente più a rischio di incendio e il culmine di tutto questo è la carestia.
La siccità è sempre esistita nella storia del nostro pianeta, e sempre ci sarà. Il problema è che, con il cambiamento climatico, gli eventi di questo tipo sono aumentati in frequenza, gravità e durata. Lasciando molte popolazioni senza scampo.
Quando una nazione viene colpita dalla siccità è già in una situazione gravissima. Peggio ancora se nel frattempo deve combattere anche una pandemia globale. Tutto questo sta avvenendo in Somaliland, contemporaneamente con l’infestazione di locuste che ha distrutto anche altri raccolti. Mentre la popolazione era chiusa nelle case in lockdown e non aveva acqua corrente per garantire la propria igiene e poter quindi prevenire i contagi, anche la terra stava soffrendo.
Dal distretto di Gabiley, arrivano le storie di due donne: Sahra e Amina.
Sahra, madre di sette figli, aveva un piccolo negozio in cui vendeva cibo alle persone della zona. Con l’arrivo del Covid-19 l’ha dovuto chiudere. Questo le ha impedito di avere un reddito, in un momento in cui la siccità è peggiorata. “Mi preoccupavo ogni volta che vedevo diminuire l’acqua e il cibo in casa, perché non avevo i soldi per comprarne altri”.
Amina ha 53 anni e ha 4 figli. Con il lockdown dovuto alla pandemia, l’invasione di locuste e la siccità, non ha più potuto produrre niente nella sua fattoria, la sua unica entrata economica. Amina ci ha confidato che siccità, locuste e Covid-19 “hanno avuto un impatto importante sui nostri mezzi di sussistenza, comprese le colture. Le persone qui hanno bisogno di beni di prima necessità, come cibo e acqua”. Durante il Ramadan, Amina ha anche avuto la preoccupazione di non riuscire a rispettare l’Id al-adha, la fine del periodo di digiuno, che vieta qualsiasi tipo di rinuncia. A partire, appunto, dal cibo.
Abbiamo lavorato al fianco della comunità per garantire a Sahra, Amina e ad altre 730 famiglie un’entrata fissa mensile di 75 dollari che permettesse loro di superare la fase peggiore che stavano vivendo, e riportare al distretto di Gabiley un po’ di respiro.