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Dati che fanno riflettere quelli che FAO ha rilasciato in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2021. Perché quando il 40% della popolazione mondiale non ha accesso a frutta, verdura e ad altri nutrienti necessari per una nutrizione corretta, la colpa è del sistema agroalimentare.
Un “sistema” fatto di tante parti che dovrebbero riuscire a garantire il diritto all’alimentazione per tutti, con cibo sufficiente a prezzi accessibili, in modo che non esistano più la malnutrizione e la fame. Questo è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU e firmata dalle Nazioni del mondo, che punta a ottimizzare la produzione nel rispetto dell’ambiente.
Ne parliamo raccontando le storie vere che arrivano dai territori dove ogni giorno lavoriamo per garantire più diritti alle comunità. Oggi, dal Malawi, riportiamo la testimonianza di Dorothy e Loveness, che dimostrano come ogni crisi può trasformarsi in opportunità.
Il sistema agroalimentare dà lavoro a un miliardo di persone in tutto il mondo, ed è uno dei più proficui a livello economico. Purtroppo è anche un sistema che crea gravi disuguaglianze e pesanti effetti sull’ambiente. Il modo in cui il cibo viene prodotto rappresenta una fonte di stress per l’ambiente. Spesso la produzione alimentare intensiva distrugge gli habitat naturali di moltissime specie animali, e nel contempo crea ingiustizie a livello globale causate da una distribuzione iniqua dei generi alimentari.
Gli effetti negativi sono evidenti: nel mondo 3 miliardi di persone non riescono a garantirsi cibo adeguato, se non addirittura patiscono la fame, mentre in alcune zone del pianeta aumentano fenomeni di obesità.
La situazione è aggravata da altri due fattori che concorrono a peggiorare l’approvvigionamento: le conseguenze della pandemia di Covid-19 che ha portato all’aumento della povertà (è accaduto anche nel nostro Paese e a farne le spese sono state in prima battuta le donne), e l’inasprimento degli eventi climatici che gli agricoltori già stanno combattendo da tempo.
Entro il 2050 si prevede che la popolazione mondiale arrivi a 10 miliardi di persone. Non c’è più molto tempo per applicare una soluzione che permetta a tutti di veder rispettato il proprio diritto al cibo, e che risponda ai principi della sostenibilità. Chi coltiva deve avere la possibilità di aggiornare il proprio ciclo produttivo attraverso le nuove tecniche di agroecologia, la collaborazione tra agricoltori e l’adozione di tecniche innovative che permettano di far arrivare i giusti alimenti a prezzi sostenibili al consumatore.
Molti dei nostri progetti di contrasto al cambiamento climatico e alla povertà alimentare vanno proprio nella direzione di aiutare gli agricoltori a scoprire tecniche di coltivazione e sementi resistenti ai cambiamenti climatici, così da aiutare le comunità a fronteggiare il cambiamento repentino dei fenomeni atmosferici.
Ma anche chi acquista può fare la sua parte aumentando la richiesta di cibi sani prodotti in modo sostenibile, prediligendo il km. 0, e riducendo gli sprechi che avvengono in casa.
Il cambiamento è un passo ambizioso e anche nel nostro Paese sono molti i progetti e gli attivisti che si stanno mobilitando per cambiare le cose. Quando arriva, però, è capace di riscrivere il destino di molti.
Il Malawi è stato recentemente colpito da una potente inondazione che è andata ad aggravare le conseguenze del ciclone Idai arrivato nel 2019. Quest’ultimo disastro ha distrutto i raccolti prodotti negli ultimi anni.
Con ActionAid Malawi e i nostri partner nella zona di Phalombe, Chigwirizano Women Movement e Phalombe Women Forum, abbiamo distribuito dei semi da coltivare lungo le rive del fiume. Sono arrivati a 200 agricoltrici che fanno parte della COWFA (Coalition for Women Farmers Associations), tra cui anche Dorothy e Loveness.
Dorothy ha 48 anni e proviene da Nkhulambe: “per noi che abbiamo un terreno vicino alla riva del fiume, ricevere i semi è stato un sollievo enorme e una spinta a tornare a coltivare”. Il raccolto sta già ricrescendo, e questa è una grande liberazione perché significa “avere una ragione di sperare nella sicurezza alimentare della mia famiglia”.
“Dopo le inondazioni non mi era rimasto nemmeno un seme per riprendere la coltivazione”, ha continuato Loveness, agricoltrice di 35 anni e madre di 3 figli, “adesso, saprò cosa dare da mangiare ai miei figli”.
La leader del gruppo COWFA, ha raccontato che prima di distribuire i semi, l’Associazione ha fatto una ricerca nella zona tra le persone più colpite dal disastro ambientale: “Con il supporto di ActionAid Malawi, siamo riusciti a distribuire cibo a circa 400 famiglie e semi a 200 agricoltrici. Abbiamo identificato queste persone in un dialogo aperto e partecipativo con i membri della comunità”.
È dal 2008 che siamo presenti in Malawi e abbiamo agevolato la creazione di questi gruppi per dare un ruolo alle donne come guida nella lotta contro la povertà e l’ingiustizia.