Vogliamo cominciare con una storia. Perché, alla fin fine, sono le storie a lasciarci qualcosa dentro. Il racconto comincia esattamente un anno fa. Quando uno spaventoso terremoto colpì il Nepal. Lasciandosi dietro macerie e vite spezzate. E un pizzico di speranza.
Krishla
All’epoca aveva appena cinque anni. Stava giocando in cortile con i suoi amici, proprio come faceva ogni giorno. Solo che quello non era un giorno come gli altri. All’improvviso, mentre stava correndo, il posto che conosceva tanto bene cambiò. Si trasformò in un cumulo di macerie nel giro di qualche minuto. Sotto quelle macerie, Krishla ci rimase per mezz’ora. Un tempo interminabile per lei e per i suoi genitori. Dopo mezz’ora, i soccorsi riuscirono a estrarla dalle macerie. Ma la bambina aveva riportato una grave ferita alla testa. Fu portata urgentemente verso la più vicina struttura sanitaria. Krishla adesso può ricordare il terremoto come l’esperienza più spaventosa della sua vita. Altri bambini e bambine non ebbero la stessa fortuna.
25 aprile 2015
- La prima scossa, di magnitudo 7.8, si registrò alle 8:11 ora italiana. L’ipocentro fu a circa quindici chilometri profondità mentre l’epicentro fu individuato a circa ottanta chilometri a nord-ovest della capitale Katmandu.
- La seconda scossa, di magnitudo 6.6, si registrò alle 8:45 ora italiana, circa mezz’ora dopo la prima. L’ipocentro fu a dieci chilometri di profondità, l’epicentro fu individuato a circa 81 chilometri da Katmandu.
- Dopo il terremoto iniziale, ci furono decine di scosse di assestamento.
Cause e conseguenze
Il Nepal è un Paese ad alto rischio sismico. Si trova esattamente nella zona in cui la placca indiana si sconta con la placca eurasiatica. Fu questo “scontro” a generare l’imponente catena montuosa dell’Himalaya. Oggi, la placca indiana continua a muoversi verso la placca eurasiatica. Le conseguenze più gravi si sono contate in vite umane, spezzate o distrutte: 8.857 vittime, 21.952 feriti, tre milioni e mezzo di persone rimaste senza casa*. Poi ci sono gli orfani, migliaia e migliaia di bambini che, nella migliore delle ipotesi, hanno un parente alla lontana che può occuparsi di loro.
Oggi
Dopo il terremoto, il Nepal è ancora alle prese con le conseguenze del sisma. Secondo i dati del ministero dell’Interno diramati a maggio 2015, quasi 300mila case private e quasi 10mila edifici pubblici sono crollati in seguito al sisma. Non sono ancora stati ricostruiti. Si calcola che ci vorranno anni prima che le zone colpite possano ritornare alla normalità. L’eventualità di nuovi crolli non è ancora esclusa visto che, dal giorno del terremoto del 25 aprile 2015, in Nepal si sono registrate diverse altre scosse.
Una testimonianza
“Il 25 aprile è un giorno che non potrò mai dimenticare. È il giorno in cui i nostri due figli, di uno e sei anni, furono sepolti sotto le macerie della nostra casa”.
Queste parole sono di Tok Kanchhi Tamang. Quel giorno, quando vide le abitazioni del suo villaggio che collassavano su se stesse, corse immediatamente verso casa. Sperando che i suoi due figli stessero bene. Ma quella speranza s’infranse quando lui stesso estrasse i corpicini senza vita da sotto le macerie. Ma la storia del terremoto in Nepal riesce e portare con sé anche un po’ di speranza. La stessa contenuta sempre nelle parole di Tok Kanchhi Tamang:
“Dopo il terremoto, fui nominato community coordinator per gestire i soccorsi. Questo mi diede la forza di andare avanti. Non ci siamo sentiti solo gente povera che chiedeva l’elemosina, ma eravamo consapevoli che stavamo facendo la differenza. Non stavano solo aiutando a ricostruire il Paese, stavamo tentando di ricostruire tutto meglio di come era prima. C’è ancora tanto da fare. Ma se torno indietro con la mente e penso alle condizioni nelle quali vivevamo appena dopo il terremoto, mi rendo conto che in quest’anno è stato fatto tanto. Ognuno ha un rifugio dignitoso nel quale vivere e aspettare la ricostruzione. Le persone hanno cominciato a cambiare la loro mentalità e il loro modo di vivere. In futuro, stiamo pianificando di costruire una struttura che ci permetta di avere acqua potabile a portata di mano e senza camminare per ore e ore ogni giorno. Mia moglie aspetta il nostro terzo bambino. Adesso dobbiamo lavorare e impegnarci insieme per costruire un futuro migliore. Non soltanto per noi ma soprattutto per le generazioni che verranno dopo di noi”.
*Dati: Government of Nepal, Nepal disaster risk reduction portal