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Ero molto felice

“Ero una persona completamente felice prima della guerra. Facevo il lavoro dei miei sogni, ero un’insegnante di sostegno a una scuola per bambini con bisogni educativi speciali. Amavo e amo il mio lavoro moltissimo. La mia vita era molto felice”.

Veronika è una delle volontarie del network Insigh, un gruppo transfemminista con cui collaboriamo nella risposta umanitaria in Ucraina. (Qui trovi maggiori informazioni sul nostro intervento).

L’abbiamo incontrata e ci ha raccontato come attivarsi e partecipare all’organizzazione degli aiuti umanitaria l’abbia aiutata a trovare nuovi obiettivi e stimoli in questo difficilissimo anno.

“Con l’organizzazione Women’s March e con Insight (un network transfemminista) ho dato un ulteriore senso alla mia vita. Intendo che adesso sento di essere dove voglio stare. Infatti sono stata un’insegnante per undici anni, mi è sempre piaciuto, ma non mi sono mai immaginata di lavorare in un altro campo.

Adesso ho questo desiderio di supportare persone e gruppi, di essere parte di qualcosa, sentirmi coinvolta. Questo mi aiuta a resistere e vivere.

Ogni giorno incontro delle donne, parlo con loro, ascolto i loro bisogni e comprendo quanto sia difficile questo momento. Molte persone hanno perso il proprio lavoro, i loro risparmi, non hanno il necessario per mangiare. Questo è infatti il motivo per cui distribuiamo cibo a lunga conservazione, che possa essere conservato per lunghi periodi e prodotti come i pannolini per bambini, molto cari e molto richiesti dalle famiglie.

Ci ricordiamo tutti le storie su Mariupol. Anche noi abbiamo avuto grossi problemi, quando ad esempio hai bisogno di pannolini per i bambini ma non puoi uscire o non li trovi perché le farmacie sono chiuse o non hai abbastanza soldi.

Ho realizzato così quanto i prodotti per l’igiene siano fondamentali, necessari. Non sono un qualcosa in più.

Un’altra cosa fondamentale è aiutare le donne che subiscono violenza domestica. Ho in mente degli esempi di situazioni in cui siamo state d’aiuto, mandando soccorso e aiuto umanitario. E’ capitato che una persona richiamasse due giorni dopo chiedendo aiuto legale per fronteggiare suo marito”.

Il sostegno alle donne che hanno subito o rischiano di subire violenza è fondamentale, a maggior ragione in tempi di guerra e crisi umanitaria quando i rischi aumentano. Per questo, da sempre, è uno degli obiettivi principe dei nostri interventi e della scelta delle organizzazioni partner con cui collaborare, in via preferenziale a guida femminile e giovanile.

Veronika prosegue:

“La prima settimana restammo a vivere nel nostro appartamento. Ogni giorno scendevamo in cantina, ma era davvero difficile stare tutti lì. Immagina trenta persone in una stanza di due metri per due.

Così ci siamo trasferiti in una scuola, perché era ritenuta più sicura, dato che il nostro appartamento era al nono piano e addirittura da lì vedevamo gli aerei e i missili. Ho realizzato che potevamo morire in qualunque momento. Da lì la decisione di andare a scuola, dove c’era più facile accesso al cibo, compagnia con altre persone, organizzazioni che portano aiuto. Speravamo potessero proteggerci, ma non molto purtroppo.

La città viveva costanti bombardamenti. La scuola dove ci eravamo rifugiati era su una collina. Così uscivamo solo cinque minuti al giorno. Vedevo il fumo, fumo nero, causato dai ripetuti bombardamenti.

Il 24 febbraio quando mi sono svegliato la prima domanda che mi sono posta non è stata sulla nostra sicurezza, ma come mandare i figli a scuola. Ero preoccupata, non riuscivo a decidere”.

Quello che racconta Veronika è stato comune a molte famiglie e in particolare a molte donne, indipendentemente dalla scelta poi compiuta di restare o fuggire. La preoccupazione per i figli, non solo per la loro sicurezza, ma la possibilità di farli andare a scuola, rispondere a tutti i loro bisogni. Anche la maggioranza delle persone arrivate in Italia sono state donne sole o donne con figli minori. Con tutte le conseguenti problematiche nel cercare un lavoro, dovendo al contempo occuparsi da sole dei figli in un paese non conosciuto e con difficoltà linguistiche. (Ne abbiamo parlato in questo articolo, dove ti raccontiamo il nostro intervento in Italia, Ucraina e nei Paesi confinanti.)“Ricordo quando eravamo a Kharkiv e a mio figlio venne il mal di denti. Non riuscivo a trovare le medicine di cui avrebbe avuto bisogno. Poi siamo arrivati a Lviv e siamo riusciti a portarlo dal dentista, spendendo tutti i soldi che avevamo con noi.

È per questo che sono grata alle organizzazioni umanitarie che ci hanno aiutato, anche con il cibo.

Infatti poco dopo sono entrata in contatto con Women’s March. Senza il loro aiuto non avrei avuto nulla, neanche il sapone per lavare me e i miei figli.

Aiutare le persone mi sta dando la forza per sopravvivere durante la guerra. È diventata la mia missione. Trovo ogni giorno la motivazione perché so che c’è sempre qualcosa in più da fare.
Sono una donna che ha ricevuto aiuto e vuole offrilo, voglio sentirmi parte di qualcosa di grande.

È molto bello lavorare con donne che condividono la mia visione e che si aiutano l’un l’altra.

Adesso per me è tutto diverso. Anche mio marito ha acquisito una nuova consapevolezza, una visione femminista. Ha cambiato il suo modo di vedere le cose realizzando quanto siamo state capaci di fare in questa crisi”.

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