Massimo: ex-militare, appassionato di arredamento, Attivista di ActionAid
Da quando è andato in pensione, Massimo si divide tra Cerveteri, il nido che non ha mai voluto lasciare del tutto, e la Sardegna, dove la moglie Luciana possiede un bed and breakfast che di familiare non ha solo la gestione, ma anche l’atmosfera. Qui si rifugia in estate, trascorrendo tutto il tempo che può con il figlio Leonardo: è lui che gli ha fatto capire quanto sia radicata in lui la passione per i bambini. Quanto ami la loro confusione, il loro mettersi in gioco e spingere gli adulti a mettersi in gioco con loro.
Niente di strano quindi, se il suo primo contatto con ActionAid è stato proprio con i bambini, adottando nel 2002 il piccolo Isaac, nel Mozambico. Nel 2005 una malattia molto rara colpisce Massimo, paralizzandone parte degli organi facciali. Per lui, Luciana e Leonardo è un periodo molto duro da cui escono mesi dopo, ancora più forti e ancora più uniti. Ma qualcosa è cambiato nel modo in cui Massimo guarda alla vita: è un “mozzico”, come dice sempre lui, e va impiegata per aiutare chi ha bisogno, chi non ha nessuno con cui affrontare le difficoltà.
Ma cosa fare, nel concreto?
Massimo decide di unire ciò che ha imparato in ospedale e il suo forte amore per i bambini, iniziando una collaborazione con l’Associazione Volontari Ospedalieri e con ActionAid. Ricorda ancora il suo primo giorno: un camice bianco sulle spalle e il compito di giocare con i bambini ricoverati.
Un bambino lo guarda, gli tocca la gamba e chiede: “Vuoi giocare?” Questo semplice gesto gli ricorda che non importa chi sei, quanto grandi siano i tuoi problemi, quanto piccole le tue speranze: la forza di sorridere, e di giocare, va trovata sempre. E sì, Massimo vuole giocare.
Da quel momento, sono passati tre anni, durante i quali Massimo ha continuato a sorridere, sempre. Ora è lui a prendere per mano chi non riesce più a giocare, a ricordargli come si fa. Spesso si ritrova nelle scuole con ActionAid, a raccontare ai bambini in cosa crede. Massimo parla: parla di giustizia, di cambiamento, di attivismo. Parla di fortuna, sfortuna, ma soprattutto di impegno. In una delle ultime lezioni, una bambina ha alzato la mano, lo ha guardato dritto negli occhi e gli ha chiesto: “è davvero possibile cambiare?” Massimo avrebbe voluto dirle che non dipende solo da lei e che il cambiamento vero deve essere fatto dalle istituzioni, dalle persone che vogliono spendere il loro tempo per questo. Invece Massimo le ha risposto: “Dipende da te. Soprattutto da te.” Le ha spiegato che basta tornare a casa e raccontare al papà o alla mamma cos’è un attivista, ad esempio. Cambiare, una persona alla volta. E che essere piccoli non vuol dire non poter fare nulla di grande, perché non sempre sono i grandi quelli che vedono più lontano.
“Massimo non ha paura di mettersi in gioco, perché ne conosce bene le regole: impegnarsi, partecipare, sorridere. Questo lo rende un attivista migliore, ma soprattutto una persona migliore, più felice, più completa”.