Lucha y Siesta.
Mara ha 38 anni ed è un’attivista di Lucha y Siesta da oltre 2.
La storia di questo centro antiviolenza è complessa e tristemente nota: è sotto minaccia di sgombero perché l’immobile verrà venduto per sopperire alla mala gestione di ATAC ed evitarne il fallimento. Ne avevamo parlato in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, e da allora il rischio chiusura è sempre dietro l’angolo.
“Lucha aveva 14 posti per l’accoglienza delle donne. Poi, a causa dello sgombero, avevamo già chiuso questa parte di lavoro prima che iniziasse l’emergenza Coronavirus.
All’ultima minaccia di distacco delle utenze, avevamo deciso di mettere in sicurezza tutte le 14 donne che stavano subendo con noi questa tragedia. Sono state così tutte “ricollocate” in appartamenti messi a disposizione dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio”.
Manca il mondo offerto da Lucha.
“Una volta quando eri accolta qui avevi molte professionisti e operatrici a disposizione. Tante possibilità, sportelli mensili, percorsi di autonomia individuale. Più la possibilità di partecipare a tutte le iniziative culturali aperte anche al territorio, tra cui anche i corsi di yoga e canto”.
Ma cosa è cambiato con questa emergenza, chiediamo a Mara.
“Qualche settimana fa abbiamo dovuto riflettere sulla necessità di riaprire, motivo per cui abbiamo fatto richiesta al Fondo lanciato da ActionAid”.
Il Fondo #Closed4women è stato promosso in questo periodo di emergenza sanitaria per venire incontro alle necessità dei centri antiviolenza così da poter dare un aiuto concreto alle donne a rischio violenza. Un rischio acuito dalla necessità di restare in casa data dalla pandemia. Il Fondo, lanciato con il contributo di Fondazione Snam, offre sostegno a centri antiviolenza presenti in molte aree del Paese.
“Al momento stiamo accogliendo due donne, che hanno avuto bisogno di soccorso proprio in questi mesi. Abbiamo però predisposto quattro posti in totale. Sono in assoluta sicurezza, a distanza, addirittura una donna per piano. La decisione di riaprire è stata presa dopo aver ricevuto decine di telefonate.
Stare chiusi amplifica situazioni anche latenti, che prima magari non venivano notate. Non parliamo solo di violenza fisica, ma anche di maltrattamenti e violenza economica.
Nelle prime settimane abbiamo notato una diminuzione delle chiamate e delle richieste d’aiuto, dovuta probabilmente alla confusione iniziale in cui non era chiaro se i centri antiviolenza fossero aperti. Le operatrici infatti non hanno mai smesso di lavorare e il cellulare per le emergenze è rimasto accesso 24 ore su 24.
Nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto molti messaggi su Facebook ad esempio e le chiamate sono riprese. Tendenzialmente però è più semplice restare in contatto con le donne che già seguivamo, mentre sono meno i nuovi contatti.
In questo periodo ci siamo attivate molto anche a livello di comunicazione, con una campagna per sottolineare che i centri antiviolenza sono aperti e quali sono gli strumenti per chiedere aiuto. Abbiamo creato inoltre una guida illustrata all’uso sicuro della rete.
Una parte dei contributi del fondo sarà utili per sanificare gli ambienti in vista della riapertura e per acquistare dispositivi di protezione individuale e quanto necessario per mantenere gli spazi igienizzati. Tutto il resto andrà al supporto delle donne accolte”.
Sul futuro di Lucha y Siesta restano purtroppo molti dubbi.
“L’asta è stata spostata al 27 maggio. Continuiamo la trattativa con la Regione Lazio. A parte questo nessuna novità”.