Il lavoro all’ospedale Al-Awda durante l’assedio e i bombardamenti
Maisoon è un’ostetrica che lavora all’ospedale Al-Awda di Jabalia, nel nord di Gaza. Da più di un anno vive e lavora in condizioni estreme a causa della guerra. Il sistema sanitario è al collasso: le scorte di cibo e medicine sono insufficienti, molte strutture ospedaliere sono state distrutte o gravemente danneggiate, e il personale medico lavora sotto assedio e bombardamenti continui.
“La guerra ha gravemente compromesso i diritti delle donne, portando a una grave insicurezza alimentare, alla carenza di medicinali e cure, alla mancanza di strutture sanitarie e alle difficoltà di accesso ai servizi medici.”
Nel reparto maternità, Maisoon assiste ogni giorno donne incinte che arrivano deboli, malnutrite e provate dal conflitto. Lo stress, la paura e la mancanza di cure adeguate hanno portato a un aumento di aborti spontanei e morti neonatali. Molte pazienti soffrono di anemia, ipertensione e infezioni, complicazioni aggravate dalla mancanza di acqua pulita e dalle condizioni di vita precarie.

Anche per i medici e gli infermieri la situazione è durissima. Maisoon è stata separata dalla sua famiglia per quattro mesi, mentre l’ospedale in cui lavora è stato assediato tre volte dall’esercito israeliano. Alcuni suoi colleghi non vedono i loro figli da più di un anno e mezzo.
Più della metà degli ospedali di Gaza non è più operativa: su 36 strutture, solo 18 funzionano parzialmente. Dei 142 centri di assistenza primaria, ne restano in funzione 57. Dal gennaio 2025, si contano 670 attacchi contro il settore sanitario, con 886 morti, 1355 feriti e danni a 122 strutture sanitarie e 170 ambulanze.
Ci vorranno anni per ricostruire ciò che è andato distrutto e Maisoon stima che il sistema sanitario di Gaza potrebbe impiegare almeno un decennio per tornare ai livelli precedenti alla guerra. Lei e i suoi colleghi comunque continueranno a fare il possibile per assistere chi ne ha bisogno.