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Jansi e le donne tassiste in India

Jansi era una bambina di dieci anni quando suo padre è venuto a mancare, lasciandola sola con la mamma e le sue tre sorelline. Oggi ha 21 anni e sta iniziando il suo tirocinio con la compagnia Taxshe, a Bangalore: una società gestita interamente da donne che danno lavoro ad altre donne. Nel corso della sua vita Jansi ha fatto di tutto per riuscire a portare a casa qualche soldo, e il suo sogno più grande è vedere le sorelle laureate. Il lavoro di tassista le permetterà di realizzarlo e avere anche più di un pasto al giorno, perché lo stipendio offerto è dieci volte più alto di quello che ha sempre guadagnato lavorando in fabbrica.

Durante il tirocinio, le è già capitato di accompagnare altre donne nel suo taxi. Una di queste è Debrashita, diretta al lavoro con il suo bambino di 14 mesi. Ha scelto Taxshe perché voleva sentirsi sicura nel corso del tragitto. Gli autisti uomini, racconta, sono spesso molto aggressivi nella guida, accelerano e corrono rischi inutili sulle strade trafficate di Bangalore. Con Jansi, invece, si sente tranquilla, tanto che sta suggerendo il servizio a tutte le sue amiche.

Le donne stanno facendo un grande passo

Secondo un sondaggio della Thomson Reuters Foundation, l’India è uno dei Paesi più pericolosi al mondo per le donne: corrono un maggiore rischio di subire violenze domestiche e molestie sul luogo di lavoro, sono sottoposte a pratiche culturali e tradizionali pericolose, e hanno più probabilità di essere coinvolte nel traffico di esseri umani, compreso il lavoro forzato e la schiavitù sessuale.

È il momento di un cambiamento di rotta e sono proprio le donne che lo stanno chiedendo a gran voce. In 5 milioni si sono riunite a Kerala per contestare la violenza e gli attacchi contro alcune donne che volevano entrare nel tempio sacro di Sabarimala, luogo interdetto alle donne tra i 10 e i 50 anni, perché definite impure. E sono sempre loro che stanno portando ogni giorno, attraverso i gesti più piccoli, all’abbattimento degli stereotipi di genere e alla promozione dell’uguaglianza.

Un simbolo di questa evoluzione è il crescente numero di donne che sta studiando, molte di loro vogliono svolgere il lavoro di tassista.

Una vita più sicura è possibile

L’India è abitata da 1,3 miliardi di persone. Tra queste, ci sono solo 200 tassiste donne. Dopo le segnalazioni di attacchi a passeggere donne negli Uber a Jaipur, la compagnia si è rivolta ad ActionAid India per offrire ai suoi autisti una formazione volta alla sensibilizzazione di genere. Finora sono stati 150 i tassisti interessati, scelti in base alle basse valutazioni che avevano ricevuto dalle loro passeggere. Abbiamo svolto lezioni contro gli stereotipi, mascolinità tossica e consigli su come far sentire sicure le donne durante il viaggio.

Ma la richiesta di tassiste donne sta crescendo. Nella sola città di Bangalore esistono tre compagnie che forniscono un servizio taxi tutto al femminile. Noi stiamo lavorando per garantire la formazione di nuove autiste, perché per molte questo lavoro rappresenta soprattutto un’opportunità di riscatto.

La provincia di Bangalore è composta di tante zone povere e baraccopoli, dove le donne non hanno accesso all’istruzione, e sono costrette a vivere in spiacevoli condizioni di violenza e abusi, sia in casa che al lavoro. Spesso sono sarte nelle fabbriche di abbigliamento, colf o venditrici ambulanti, e hanno una vita che le vede sostenere orari disumani, condizioni di lavoro precarie, nessuna protezione a livello sociale e salari bassissimi.

Il taxi, in questo contesto, significa un nuovo futuro che offre una retribuzione migliore e permette a tutte di vivere una vita più sicura. Per questo il nostro contributo in India è mirato allo sviluppo imprenditoriale delle donne, stimolando anche la creazione di cooperative di donne tassiste.

Non è facile. Come dichiara il responsabile del programma di Bangalore, Malarvizhi M.:Molte donne coinvolte stanno facendo un grande passo, cercando di respingere gli stereotipi di genere negativi che hanno vissuto sin dalla nascita”. Il luogo da cui provengono è, spesso, pieno di pregiudizi che hanno un peso sul modo in cui sono cresciute. “Non tutte le famiglie sono contente del loro coinvolgimento”, continua Malarvizhi.

Parallelamente al programma di formazione, quindi, offriamo anche gli strumenti per comunicare ai propri cari questa scelta, coinvolgendo gradualmente tutta la comunità.

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