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Centro Mondo Rosa

“Il Centro nasce per recuperare i tossicodipendenti. Nei racconti dei nostri ragazzi però c’era un aspetto in comune: emergevano storie di donne che avevano subito violenza.

Abbiamo allora ipotizzato un progetto per aprire un Centro antiviolenza e una Casa Rifugio e l’abbiamo presentato al Dipartimento Nazionale per le Pari Opportunità. Fu approvato!”

Isolina dirige il centro “Mondo Rosa” a Catanzaro, di cui è una delle fondatrici e dove si impegna nella lotta alla violenza sulle donne da 32 anni. L’impegno sociale è il perno intorno al quale ruota la sua vita.

“Abbiamo sempre molte richieste di aiuto purtroppo, facciamo fatica a rispondere a tutte”. Negli ultimi due anni Mondo Rosa ha accolto 97 donne e anche durante la Fase 1 dell’emergenza Coronavirus ospitava quattro donne con sette minori.

E’ uno dei Centri antiviolenza a cui abbiamo destinato un contributo con il Fondo #Closed4women per sostenere il loro lavoro in questo periodo complesso.

“Il grande tema da risolvere è l’autonomia economica delle donne. Bisognerebbe lavorarci molto perché quella è la chiave per la fuoriuscita da situazioni violente”, spiega Isolina “Purtroppo i fondi istituzionali che arrivano permettono una vita grama e con l’emergenza molto è cambiato. Le donne che stavamo cominciando percorsi di autonomia si sono ritrovate, come tutti, bloccate a casa. Le borse lavoro che avevamo attivate sono state tutte sospese.

Alcune donne seguite da noi stavano ad esempio facendo un corso per diventare OSS, operatore sociosanitario, ma al momento sono stati bloccati gli esami. Per loro era importante poter pensare al futuro. Speriamo presto possano fare gli esami.

Con il contributo del Fondo #Closed4women abbiamo potuto sanificare il centro in vista della ripartenza delle attività, nonché far fronte sull’immediato alle spese di gestione della Casa Rifugio”.

Cosa c’è da aspettarsi dalla Fase 2 chiediamo infine a Isolina.

“Ci sarà un grande bisogno di sostenere i centri antiviolenza e le donne dal punto di vista economico. I costi saranno maggiori per noi, perché dovremo ad esempio rifornirci continuamente di mascherine e disinfettare i locali. Non ci siamo perse d’animo in ogni caso e con le donne ospiti della casa rifugio abbiamo aperto un laboratorio di mascherine di stoffa”.

Anche qui, come in altri centri antiviolenza, le chiamate all’inizio dell’emergenza sono diminuite.

“Le donne sono più sotto controllo in questo periodo. Noi non abbiamo mai interrotto il servizio telefonico, ma eravamo abituate a numeri più alti.

Adesso speriamo di poter avere sempre più disponibilità per l’accoglienza. Prima dell’emergenza la Regione e la Prefettura avevano dato disponibilità per un bene sequestrato alla ’Ndrangheta per aprire un “rifugio puro”, ovvero un posto dove garantire una prima sistemazione di emergenza alle donne che hanno bisogno di uscire di casa rapidamente. Speriamo di sbloccare presto tutte le procedure”.

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