Diventare madre durante la guerra
Iman ha 27 anni e vive a Gaza. Durante la guerra, ha affrontato una gravidanza in condizioni estreme, senza assistenza medica adeguata, con poco cibo e in un rifugio precario. Come molte altre donne incinte, ha temuto di dover partorire in una tenda, senza alcun supporto per sé o per il suo bambino.
“La mia salute ha iniziato a peggiorare dopo il primo trimestre… Vivere nelle tende e l’intera situazione mi hanno fatto ammalare. Era insopportabile, nessuno avrebbe potuto sopportarlo.”
Quando è stato dichiarato il cessate il fuoco, Iman era al nono mese di gravidanza. Ha percorso a piedi la strada dal sud al nord di Gaza per tornare a casa. Al suo arrivo, ha trovato la sua casa distrutta e ora vive con la famiglia in una stanza dell’ospedale Al-Awda.
L’ospedale Al-Awda è stato assediato dall’esercito israeliano tre volte dall’ottobre 2023. Durante l’ultimo assedio, durato 106 giorni, le donne nel nord di Gaza non hanno potuto accedere alla struttura per partorire. Con l’entrata in vigore del cessate il fuoco, l’ospedale ha ripreso a funzionare ed è ora l’unico ancora operativo nel nord di Gaza.
“Voglio che il mio bambino viva in un mondo senza guerre, paura o sofferenza.”
Iman spera in un futuro in cui suo figlio possa crescere in sicurezza, senza la paura della guerra. Chiede un intervento urgente affinché le donne incinte e le famiglie sfollate possano ricevere l’assistenza sanitaria, il cibo e il rispetto della loro dignità.
