CADOM
“Abbiamo aperto nel 1994. Abbiamo oltre 25 anni di storia”.
Erminia fa parte del Direttivo di CADOM, il Centro Aiuto Donne Maltrattate di Monza e della Brianza. Racconta con orgoglio la storia dell’organizzazione.
“Io sono arrivata pochi anni dopo, nel 1997. Adesso contiamo su quaranta operatrici volontarie più due collaboratrici part time. Per non parlare del lavoro di tre psicologhe e sette avvocate, che prestano le loro consulenze spesso pro bono, per sostenere il nostro lavoro e le donne che si rivolgono al centro”.
Un gruppo coeso, di volontarie di età diverse, quasi una famiglia dopo tanti anni.
CADOM ha numeri importanti nella sua zona. Nel solo 2019 ha accolto 231 donne, che subivano violenza e maltrattamenti, con 357 figli coinvolti. Per farlo il Centro ha tenuto più di 600 colloqui con chi chiedeva aiuto.
“Le volontarie sono formate in maniera molto precisa. Chi vuole unirsi alla nostra squadra frequenta un corso di otto mezze giornate di formazione in aula e poi svolge un tirocinio di sei mesi con altre volontarie.
Ai colloqui siamo sempre in due. È la nostra metodologia, sperimentata in tanti anni di attività. Crediamo che la modalità piccolo gruppo sia di grande aiuto”.
I colloqui di persona sono sospesi dal 9 marzo, a causa delle disposizioni per l’emergenza Coronavirus. Erminia ci racconta che a ciò si aggiungeva la criticità di avere volontarie con più di 65 anni e dover quindi capire anche durante la fase 2 come organizzarsi.
“Durante il periodo di quarantena ci hanno chiamato donne che non vivono con il loro partner maltrattante. Si parla di situazioni successive alla separazione, in cui il problema abitativo è stato quanto meno superato, ma persistono problemi. Le sentiamo per telefono o via Skype.
Ci siamo rese conto che chi convive invece non riesce a chiamare, a meno che non si tratti di casi gravissimi. Lì però scatta l’attivazione di un percorso specifico su chiamata del Pronto Soccorso o della Polizia.
Sono invece aumentate le segnalazioni di amici, genitori, parenti. Forse proprio per supplire all’impossibilità della persona interessata di muoversi”.
L’emergenza sanitaria, lo sappiamo, ha scatenato altre emergenze, sociali ed economiche. Le donne che subiscono violenza domestica o sono a rischio di subirla hanno trovato maggiori difficoltà nel chiedere aiuto, proprio a causa della maggiore permanenza in casa dei maltrattanti.
È per questo che è nato il Fondo #Closed4Women insieme al contributo di Fondazione SNAM. Lo abbiamo promosso per sostenere i centri antiviolenza, che non hanno mai smesso di essere attivi restando sempre raggiungibili telefonicamente. Come, lo ricordiamo, sempre attivo è il numero di emergenza nazionale 1522.
“Temiamo un crollo delle donazioni dovuto alla crisi Covid19. La nostra tenuta economica dipende principalmente dalle donazioni, più che da fondi istituzionali al momento. Cercheremo di organizzarci per progettualità cercando finanziamenti.
Vorremmo ad esempio cercare di finanziare tirocini lavorativi e attività di orientamento per aiutare le donne a costruirsi un proprio progetto di vita. Concentrarsi sulle risorse che si hanno e capire quali possibili sblocchi lavorativi ci sono intorno a noi è fondamentale.
Il finanziamento ricevuto da ActionAid sarà usato per coprire i costi avuti durante questa prima fase dell’emergenza. Ad esempio abbiamo ampliato l’orario lavorativo dell’operatrice di emergenza, così che fosse raggiungibile per più ore a settimana in un momento in cui era e resta fondamentale che le donne possano raggiungerci telefonicamente. Inoltre i fondi ottenuti ci permetteranno di sanificare la sede e acquistare i dispositivi di protezione, indispensabili per la ripresa delle attività nel corso della fase 2”.