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“Questi uomini violenti e manipolatori ti fanno sentire che non sei adeguata, né come mamma né come persona né come donna. Tu non vali, sei uno zero e sentendo queste cose ogni giorno, cominci a pensare come lui”.

Anna ha 37 anni (ndr: nome di fantasia), è emozionata, ma piena di forza mentre racconta la sua storia. Vive in una città del nord Italia con le sue due figlie e un nuovo compagno. Una vita nuova, dopo aver lasciato il marito da cui subiva violenza fisica e psicologica.

“Nella mia rubrica non c’era nessun numero. Mio marito mi diceva che i miei amici erano sfigati come me, la mia famiglia stupida e così io ho cominciato a isolarmi. La mattina non volevo aprire gli occhi. Perché vivere quando il tuo uomo, quello che hai scelto e con cui fai una famiglia, lui per primo ti dice parole assurde e ti paragona a un animale?

Non è la violenza quella fisica che succedeva raramente, non erano i lividi, non era il dolore, era quella psicologica che mi faceva male.

Un giorno lui non c’era, ho preso le bambine, 2 sacchi di spazzatura pieni di giocattoli e qualche cambia, sono arrivata al centro e ho detto io non ce la faccio più”.

Anna si è rivolta al Centro Veneto Progetti Donna, uno dei centri antiviolenza con cui collaboriamo. Non stava lavorando, perché il marito non l’aiutava a gestire la casa e le figlie e l’aveva isolata da tutti i suoi contatti. Così lei non era riuscita a trovare spazio per portare avanti la sua vita, sociale e lavorativa.

Per questo crediamo che nella lotta alla violenza sulle donne sia fondamentale focalizzarsi sull’empowerment economico delle donne.

Se chi subisce violenza non è autonomo economicamente, si crea un circolo vizioso in cui la persona vorrebbe scappare e denunciare, ma non può.

È il motivo per cui chiediamo al Governo di stanziare fondi sufficienti affinché i Centri Antiviolenza siano in grado di offrire servizi non solo psicologici, ma anche di empowerment economico, aiutando le donne a introdursi o reintrodursi nel mercato del lavoro.

“Andare a lavorare, prendere la paga e andare a mangiare una pizza con le bambine, mamma mia che bello!”.

(Photocredit: Simona Ghizzoni)

 

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