Bozza di Decreto conferma l’urgenza ma non produce discontinuità nella gestione fallimentare delle politiche migratorie. I cittadini stranieri sono persone, non manodopera.
Un provvedimento di regolarizzazione strutturale, che riconosca i diritti a chi è attualmente privo di un titolo di soggiorno, rappresenterebbe un segnale politico, giuridico e sociale importante, un primo passo verso la riforma complessiva della disciplina delle migrazioni. Il riconoscimento dei cittadini stranieri come soggetti di diritto, a prescindere dalla loro utilità economica, costituirebbe un segnale di discontinuità rispetto al passato e potrebbe potenzialmente segnare l’inizio di una gestione di tipo nuovo dell’immigrazione del nostro paese, strutturata intorno ai pilastri dei diritti e dell’uguaglianza.
La predisposizione di una bozza di Decreto è la conferma di quanto l’adozione di un intervento di questo tipo sia urgente e finalmente sembra più che una possibilità. Sebbene non sia un testo definitivo la logica della misura proposta antepone però gli interessi di mercato ai diritti e alla vita dei cittadini stranieri, considerati in chiave meramente utilitaristica, limitatamente al soddisfacimento del fabbisogno di manodopera nel settore agricolo, dell’allevamento e della pesca. Preoccupa inoltre la temporaneità della proposta che precarizza ancor più esistenza e lavoro, con la probabile conseguenza di incidere negativamente sui salari e sulle condizioni di vita. Colpisce l’ambiguità di un testo che al di là della misura straordinaria, non si riferisce a quanto previsto dal Testo Unico per regolare durata e rinnovi dei permessi di soggiorno, e rischia di istituire un diritto temporaneo e differenziale.
La bozza di decreto, inoltre, non prende minimamente in considerazione le donne migranti, nonostante siano sovente oggetto di discriminazioni multiple e al centro dello sfruttamento lavorativo e sessuale. Il testo non ricomprende comparti che si contraddistinguono per l’alta percentuale di manodopera femminile straniera come i lavori di cura, quelli domestici, il settore turistico e la ristorazione. Le migranti spariscono dal discorso pubblico e non godono di misure specifiche, in maniera non troppo dissimile dalle italiane: mai “in vista” nella gestione dell’emergenza nel nostro Paese e nella sua rappresentazione mediatica, trattate alla stregua di un ammortizzatore sociale per le famiglie, in campo dall’inizio della pandemia, ben prima delle misure di welfare, e tuttora prive di sostegno specifico.
Riteniamo sia inaccettabile e fuorviante far uscire dall’invisibilità e rendere soggetti di diritto, in questo momento di pandemia, solo le persone che servono alla nostra economia, finché ci servono.
“Crediamo che in questo momento sia davvero opportuno un cambiamento reale. In tutto il continente sorgono movimenti solidali che chiedono ai Governi una regolarizzazione incondizionata per le persone con status precario o senza documenti. La bozza di decreto ha avuto il merito di aprire la strada, di sollevare l’urgenza di una regolarizzazione. Ora si tratta di portare in fondo il percorso iniziato, cambiare prospettiva e garantire la tutela dei diritti di tutti e tutte e della salute pubblica, svincolando il provvedimento dal possesso di un contratto di lavoro e allargando l’emersione dall’irregolarità a tutti i settori produttivi”, dichiara Marco De Ponte segretario generale di ActionAid.
ActionAid sostiene l’appello promosso da ASGI e sottoscritto da centinaia di organizzazioni e che propone due opzioni: il rilascio di un permesso per ‘ricerca occupazione’, di durata annuale e convertibile alla scadenza, oppure l’emersione dal lavoro irregolare, con rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro di durata annuale e convertibile alle condizioni di legge. Se un provvedimento simile fosse seguito dall’istituzione di un meccanismo ordinario di regolarizzazione, come da proposta di legge di iniziativa popolare Ero straniero, saremmo sulla strada di una politica più giusta ed efficace.
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