I giudici non hanno convalidato il trattenimento dei migranti trasferiti in Albania, rinviando gli atti alla Corte di Giustizia Europea, come già precedentemente accaduto.
Questo significa che le persone detenute nel centro di Gjader dovranno essere immediatamente riportate in Italia. È un colpo durissimo al piano del governo. L’operazione si rivela, ancora una volta, fallimentare e insostenibile dal punto di vista giuridico.
Dopo tre tentativi, il modello Albania mostra tutte le sue contraddizioni e la sua incompatibilità con i diritti fondamentali. L’idea di esternalizzare le procedure d’asilo e di trattenere i migranti fuori dai confini italiani si infrange la magistratura ha riconosciuto l’illegittimità del trattenimento e la violazione delle garanzie fondamentali.
Ora il compito della società civile e della politica è chiaro: trasformare questa crisi in un punto di non ritorno, impedire nuovi trasferimenti e bloccare definitivamente un meccanismo che cancella i diritti delle persone in cerca di protezione.
Chi è stato portato in Albania ha subito una compressione radicale delle proprie tutele. A partire dal diritto d’asilo, snaturato da procedure accelerate e svolte in condizioni di isolamento, e dal diritto alla difesa, ridotto a un’ombra priva di efficacia: le persone non hanno avuto il tempo né i mezzi per nominare un avvocato di fiducia e preparare la propria richiesta di protezione in modo adeguato.
Questa vicenda dimostra che il diritto non può essere piegato a logiche politiche e propagandistiche. Il governo prenda atto del fallimento e abbandoni definitivamente questo esperimento illegittimo, che non solo è insostenibile, ma anche profondamente lesivo dei principi fondamentali.
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