“Il vuoto dell’accoglienza. Centri d’Italia 2022”
Oltre 20mila posti liberi nei CAS e SAI nel 2021
ActionAid e openpolis: “Nessuna invasione e ne’ centri al collasso, ma sistema in emergenza perché senza programmazione né trasparenza.
Gestione irrazionale, completa assenza di programmazione, criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti. Sono questi i tratti caratteristici del sistema dell’accoglienza italiano, non il collasso delle strutture come spesso viene raccontato: i posti liberi nei centri nel 2021 (al 31 dicembre) erano 20.235. Un dato che diventa sconcertante se si osserva la serie storica: i posti lasciati liberi nei centri sono il 20% del totale tra il 2018 e il 2021 (nel 2019 addirittura i posti vacanti raggiungono il 27% del totale). A conferma della mancanza di emergenza causata da numeri troppo alti di arrivi è il caso proprio della Sicilia, definita negli ultimi mesi dal Governo Meloni come “campo profughi d’Europa”. Qui la situazione al 31 dicembre 2021 vede il 30,5% di posti lasciati liberi nell’intero sistema regionale (CAS, Hotspot, SAI). Anche facendo riferimento al 30 settembre 2021, oltre 2000 posti, il 21,5% della capienza, risultavano liberi. Dalla Sicilia al Friuli-Venezia Giulia, le due regioni di confine dove si concentrano gli arrivi, non ci sono abbastanza posti nei centri Sai (sistema pubblico di accoglienza diffusa) ma, anche quando ci sono, non necessariamente vengono riempiti. Il 29,5% dei posti attivati nel Sai italiano erano liberi al 31 dicembre 2021.
Con un leggero aumento degli arrivi di persone migranti nel nostro paese – nel 2022 sono sbarcate in Italia 105mila persone migranti, una cifra in crescita, ben lontana però da quella rilevante del 2016 che fu esattamente il doppio – nell’ultimo anno è tornata la retorica del sistema al collasso, mentre l’accoglienza ordinaria resta un’illusione. Ancora una volta ActionAid e openpolis anticipano il Ministero dell’Interno e pubblicano una fotografia dettagliata di dati sul sistema di accoglienza per l’anno 2021. Un lavoro di analisi e trasparenza, Comune per Comune e centro per centro, fatto a partire dai dati forniti dallo stesso Viminale e resi disponibili in formato aperto a tutti sulla piattaforma Centri d’Italia. La relazione annuale al Parlamento con i dati relativi al 2021, infatti, che il Ministero è tenuto per legge a presentare a giugno di ogni anno come aggiornamento sullo stato del sistema, è già in ritardo di oltre 8 mesi. Quella con i dati del 2020 è stata pubblicata a novembre 2022, con quasi 18 mesi di ritardo.
È proprio la mancanza di trasparenza a favorire la lettura distorta della realtà riportando di nuovo sotto i riflettori la riproposizione di norme contenute nel Decreto Sicurezza I, nonostante il fallimento di quelle politiche. Gli effetti del Decreto Sicurezza hanno prodotto una continua crescita dell’approccio emergenziale in risposta a un fenomeno del tutto ordinario e di piccole dimensioni rispetto alla popolazione italiana (0,13% sul totale). Nel 2021 erano attive 8.699 strutture. Dal 2018 a oggi sono stati chiusi più di 3mila 500 centri (-29,1%). Sempre nel 2021, i posti messi a disposizione nel sistema erano poco più di 97mila, di cui però il 60,9% nei centri di accoglienza straordinaria (CAS). Sono quasi 63mila i posti nei CAS e nei centri di prima accoglienza, a fronte di 34mila posti nel sistema di accoglienza e integrazione (SAI). Questo evidenzia dunque, la scelta di puntare sulla continua emergenza e mai, come vorrebbe la legge, sui percorsi di vera integrazione. A questo si aggiunge che su un totale di 65.700 posti persi in centri straordinari, le strutture con meno di 20 posti letto sono quelle che hanno perso più posti tra il 2018 e il 2021: quasi 24.000 posti persi nei CAS di piccole dimensioni. Segno di un mancato investimento nell’accoglienza diffusa e della scelta deliberata di continuare a mantenere grandi concentrazioni di persone con servizi scarsi o addirittura assenti (corsi di italiano, tutela e mediazione linguistica, supporto alla ricerca di lavoro).
Per la prima volta ActionAid e openpolis presentano i dati sulle ispezioni nei CAS e CPA effettuate dalle prefetture sugli enti. Grazie alla vittoria ottenuta al Consiglio di Stato che ha obbligato il Viminale al rilascio dei dati abbiamo ottenuto quelli relativi al solo 2019. Il Ministero dell’Interno, nonostante la sentenza a noi favorevole, ci ha fornito dati parziali e inutilizzabili relativamente al biennio 2020-21, continuando ancora una volta a dare dimostrazione di poca trasparenza. Nel 2019 le prefetture hanno effettuato controlli sul 40,5% dei CAS e CPA in Italia. Significativo che tra le 13 prefetture che non hanno effettuato ispezioni ci siano proprio quella di Agrigento (sotto la cui giurisdizione ricade l’hotspot di Lampedusa) e Trapani. Le sanzioni economiche a seguito dei controlli ispettivi (penali o pagamenti non corrisposti) ammontano a un totale di 493mila euro.
“Il sistema dell’accoglienza oggi appare in una situazione allarmante. È evidente che l’assenza di pianificazione provoca una emergenza reale, mentre si grida a un’invasione che non c’è e al sistema al collasso, senza accennare alle responsabilità, addossando anche gli esiti di scelte sbagliate dell’amministrazione sulle spalle delle persone migranti. La condizione del sistema di accoglienza si aggrava negli anni del Decreto Sicurezza, proprio quell’impianto normativo che anche i dati mostrano fallimentare e che ora si sta cercando di ripristinare in Parlamento” dichiara Fabrizio Coresi, esperto Migrazioni ActionAid.
“A rendere ancora più preoccupante lo stato dell’accoglienza in Italia e il rispetto dei diritti delle persone migranti sono le pratiche illegittime di molte questure, denunciate da organizzazioni che operano sui territori. Pratiche che complicano, facendo da filtro e arrivando persino a negarlo, l’accesso all’accoglienza e alle misure minime di assistenza. Un percorso a ostacoli burocratici, a cui si unisce l’assenza totale di trasparenza che non consente di conoscere quali siano i criteri utilizzati per la distribuzione delle persone sul territorio, o quelli per l’ingresso nel SAI o nei CAS” secondo Mattia Fonzi, di openpolis.
Roma è la città metropolitana con più posti nei centri (circa 3.800), seguita dalle città metropolitane di Torino, Milano, Bologna, Napoli e Firenze. Dal 2018 al 2021, nell’area metropolitana della capitale i posti a disposizione nelle strutture del Sai sono diminuiti del 44,5%. Contemporaneamente è aumentata la centralità delle strutture di grandi dimensioni: il 90% dei posti nei CAS è in centri con più di 50 posti. Nel 2019, nel territorio capitolino, si realizza una sorta di monopolio: 8 posti su 10, in centri CAS, sono in mano a un unico gestore, la Medihospes. E questo nonostante le ispezioni abbiano fatto emergere, nell’anno in questione, diverse irregolarità. È rilevante il dato sulle penali: su poco più di 88mila euro comminati nella città metropolitana a seguito dei controlli, quasi 86mila (il 97% circa) sono a carico di Medihospes e rappresentano il 17,4% del totale delle penali e delle erogazioni non effettuate a seguito di contestazioni sull’intero territorio italiano.
ActionAid e openpolis chiedono ai parlamentari di utilizzare le rilevazioni di questo report, basate su dati amministrativi oggettivi forniti dal ministero dell’interno e contenuti sulla piattaforma Centri d’Italia, per esercitare il ruolo di controllo ed indirizzo politico che gli è proprio, per chiedere trasparenza e informazione. Per avere risposte sul perché si parla di un sistema al collasso, con una quota considerevole di posti ordinariamente liberi e migliaia di persone lasciate in strada, sulla mancanza di programmazione che affligge il sistema da anni, su come vengono impiegate le risorse pubbliche e con quali effetti sulle vite di persone portatrici di diritti.
Paola Amicucci | Media Relations Manager | ActionAid Italia
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