Fake news: un pericolo per la salute
La diffusione di fake news e leggende metropolitane durante crisi sanitarie globali non è un fenomeno nuovo. È una situazione comune, già accaduta in passato, ma all’epoca dei social media diventa ancora più importante riuscire a separare fake news e disinformazione da notizie verificate.
Nell’era della comunicazione globale non è una sorpresa che falsi miti e cospirazioni sulla pandemia da Covid 19 si diffondano alla stessa velocità del virus stesso.
La disinformazione è insidiosa in molti modi. Colpisce chi ne è oggetto, porta a perpetuare pericolosi stigma sociali e comportamenti discriminatori e crea paure e ansie non necessarie in un momento in cui è più che mai indispensabile agire razionalmente.
Cosa può insegnarci la storia sulla diffusione di cattive informazioni?
Non dobbiamo tornare troppo indietro nel tempo. Leggende metropolitane e false notizie hanno esacerbato le crisi dovute all’AIDS e all’Ebola.
Negli anni Ottanta la disinformazione su HIV/AIDS diffuse teorie complottistiche mettendo in dubbio l’esistenza stessa della malattia. Nel mentre l’epidemia si diffondeva, le donne venivano stigmatizzate e subivano discriminazioni, perché reputate colpevoli della diffusione del virus a causa dell’ignoranza – nel senso stretto del termine, ovvero dell’ignorare informazione corrette – intorno all’AIDS.
Basta ricordare la proliferazione di falsi rimedi, tra cui uno estremamente pericoloso che “prescriveva” di avere rapporti sessuali con ragazze vergini, causando stupri di giovani donne.
In Sud Africa, la mancata accettazione del governo nel riconoscere l’esistenza dell’epidemia non permise di rivedere le politiche pubbliche sanitarie causando la diffusione dell’HIV e decessi altrimenti evitabili.
Lavorando a stretto contatto con le comunità sappiamo quanto sia importante essere considerati un’affidabile fonte di informazione. Un aspetto su cui poniamo molta attenzione e questo è il motivo per cui le comunità locali in tutto il mondo si fidano delle informazioni diffuse da ActionAid e dai suoi partner.
Altri casi nella storia?
Nel 2014 la disinformazione riguardo le origini di Ebola ha portato anche in quel caso all’emersione di dubbi sulla malattia.
Più recentemente nel 2018 in Repubblica Democratica del Congo la diffusione di false informazioni ha fatto perdere credibilità alle autorità al punto che alcune comunità guardavano con sospetto anche ai medici e agli operatori sanitari. Dozzine di persone sono morte perché gruppi armati hanno attaccato scorte di materiali sanitari.
E nel 2020?
Adesso nel 2020 la paura a livello globale del Coronavirus ha diffuso altri miti e rumours.
La conseguenza è il diffondersi di informazioni distorte, che possono essere estremamente pericolose.
Invece di focalizzarsi sulla prevenzione, mitigazione ed informazione sul Coronavirus, il rischio è propagare pregiudizi e discriminazioni. Anche la diversa possibilità di accesso alle informazioni in base alla lingua e agli strumenti informatici a disposizione, può causare asimmetrie.
Il nostro lavoro.
Durante la pandemia, nei Paesi dove siamo presenti stiamo lavorando con molte donne leader di comunità per fermare la diffusione di fake news e disseminare invece informazioni affidabili e verificate su come prevenire il contagio.
Perché le fake news si diffondono?
All’origine vi è una mancanza di fiducia nei confronti di autorità ed esperti, l’assenza di un’informazione egualmente accessibile per tutti e il tentativo di interpretare la malattia con nostri schemi morali, negando di fatto il problema.
C’è il rischio che la mancanza di credibilità coinvolga anche le organizzazioni umanitarie. E per questo ci concentriamo nel lavoro con le comunità locali e nel tempo veniamo considerati una fonte affidabile di informazione, anche nel corso delle emergenze sanitarie.
Dell’importanza della leadership femminile in emergenza avevamo già parlato qui.
Abbiamo una lunga esperienza nel lavoro con le donne ad esempio, che diventano la chiave della diffusione di corrette informazioni.
Come intervengono i network femminili che sosteniamo?
Alcuni esempi:
- In Senegal abbiamo tradotto e diffuso volantini con informazioni igieniche nelle quattro lingue locali.
- Nelle aree rurali del Myanmar donne e bambini sono a maggior rischio perché più difficilmente ottengono informazioni su come prevenire il contagio. Ci siamo focalizzati su di loro, con incontri informativi.
- Ad Haiti radio e social media sono usati per diffondere consapevolezza e raggiungere le comunità più remote.
Le campagne di informazione sul Covid19 restano, insieme all’educazione sulle misure di protezione individuale, un aiuto importante nel ridurre la diffusione della malattia.
Tuttavia è indispensabile fare attenzione ad alcuni aspetti: lingua, tecnologie, fiducia di chi legge e ascolta. Possono essere barriere che bloccano l’accesso a informazioni corrette e contribuire al diffondersi delle fake news.
Un supporto.
Su covid19italia.help trovi informazioni sulle iniziative di solidarietà attive nel nostro Paese e una sezione dedicata alle fake news.