Il grande muro contro i flussi migratori
Soldi in cambio di maggior controllo e repressione alle frontiere e più rimpatri: una strategia chiara realizzata con risorse crescenti dal 2015 senza controllare l’impatto sui diritti e la vita dei migranti.
Casi esemplari la Libia e la Tunisia. È così che l’Italia e l’Europa hanno costruito un grande muro invisibile per fermare le migrazioni lungo la rotta del Mediterraneo centrale, costato la vita a 24.303 persone tra morti e dispersi fino ad oggi attraverso circa un miliardo di euro stanziati dall’Italia e dall’Unione europea a partire dal 2015.
La piattaforma
Con “The Big Wall”, la prima piattaforma online aperta e accessibile a tutti vogliamo monitorare e tracciare l’effettiva spesa dei progetti finanziati per la cosiddetta “esternalizzazione delle frontiere” da parte del nostro Paese.
Dopo la prima inchiesta del 2021 che stimava la spesa complessiva dell’Italia per l’azione esterna migratoria, nel 2022 sono stati realizzati due approfondimenti sulla spesa per il controllo delle frontiere in Libia e Tunisia in collaborazione con Irpi Media.
Dai porti dei due Paesi, infatti, parte la maggioranza dei migranti diretti verso l’Europa, Libia e Tunisia diventano infatti i maggiori beneficiari dei fondi creati per fermare e contenere i flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale.
Una ricerca complessa per mancanza di informazioni e trasparenza da parte delle istituzioni italiane, per cui sono state necessarie decine di richieste di accessi agli atti tramite FOIA.
Il caso Libia
Con il Memorandum of Understanding firmato tra Italia e Libia nel 2017 – la cui scadenza è prevista per il 2 novembre prossimo - sono aumentate in modo significativo le risorse italiane ed europee destinate alla cooperazione migratoria con quel Paese, in particolare l’inchiesta si focalizza sull’EUTF (Fondo Fiduciario di emergenza dell'UE per l'Africa).
L’EUTF, un fondo ad hoc creato a livello europeo per finanziarie i programmi di contrasto all'immigrazione dall'Africa, e il suo progetto chiamato “Sistema integrato del controllo delle frontiere in Libia- SIBMMIL”, approvato nel 2017 con l’obiettivo di contribuire a creare le capacità tecniche e infrastrutturali per un controllo effettivo da parte delle autorità libiche della propria zona di ricerca e soccorso (SAR) prevedono un costo complessivo di 44,5 milioni di euro, di cui 12 affidati all’OIM, Organizzazione internazionale delle migrazioni, i restanti sono gestiti dall’Italia.
Di questi è stato possibile tracciarne solo 20 milioni di euro con certezza: 1,5 milioni per nuovi motori delle motovedette, 2 milioni per equipaggiamenti nautici, 30 fuoristrada, 20 gommoni, consulenze e formazione, moduli abitativi per gli addestratori italiani per il Centro di Coordinamento delle operazioni di salvataggio in mare che oggi è gestito direttamente dalle autorità libiche.
Con questi fondi sono aumentati i respingimenti in mare e sempre più migranti vengono riportati nei centri di detenzioni libici dove subiscono torture e abusi.
Il caso Tunisia
Dal 2014 a oggi l’Italia ha stanziato per il controllo dei confini tunisini oltre 47 milioni di euro, di questi dal 2019 sono stati 19 i milioni provenienti dal Fondo Premialità per le politiche di rimpatrio, uno strumento a favore dei paesi che più si impegnano nelle operazioni di rimpatrio e di cui la Tunisia è il principale beneficiario.
Le risorse complessivamente erogate alla Tunisia ammontano a 24 milioni di cui 19 destinati al controllo delle frontiere e al rafforzamento degli strumenti di controllo e repressione delle forze di sicurezza tunisine. Oltre la manutenzione per i 6 pattugliatori P350 donati dall’Italia alla Tunisia nel 2014 e ubicati nei porti delle città costiere di Zarzis, Sfax, Sousse, Bizerte e Rades, la Tunisia ha chiesto cinque minibus per il trasporto del personale, 25 pick-up 4x4, cinque veicoli specializzati per il trasporto di detenuti, 20 binocoli e 20 rilevatori di presenza umana. Strumenti, questi, che lasciano più di un dubbio sul loro utilizzo in materia di controllo delle partenze.
“Mai in passato l’UE e i suoi Paesi membri avevano destinato tante risorse al contrasto dell’immigrazione nell’ambito della cooperazione con i Paesi di origine e di transito. Risorse destinate ad aumentare, come prevede l’attuale bilancio pluriennale europeo a sostegno del Nuovo Patto europeo per le Migrazioni. Una linea sposata in pieno dai diversi Governi italiani con ingenti risorse stanziate negli anni. Si tratta di una spesa caratterizzata da scarsa trasparenza che impedisce, sia al Parlamento che alla società civile, uno scrutinio democratico in grado di valutarne l’impatto. È necessario e urgente che il nuovo Parlamento eserciti una maggiore funzione di controllo sui fondi italiani. Senza trasparenza non c’è controllo e quindi possibilità di fermare ed evitare le violazioni dei diritti umani delle persone migranti” spiega Roberto Sensi, Policy Advisor Global Inequality ActionAid Italia.
Le nostre richieste
L’Italia riveda le sue politiche migratorie, abbandonando l’approccio securitario e investendo sulle vie di ingresso legale.
È urgente che il nostro Paese si doti di modalità che permettano la piena pubblicità delle risorse spese per l’azione esterna migratoria, garantendo l’accesso di meccanismi di monitoraggio e valutazione della spesa esterna, con particolare riferimento all’impatto sui diritti umani.
- Per la Libia, ActionAid chiede al Parlamento e al Governo italiano di revocare qualsiasi sostegno alla Guardia Costiera Libica e alla Amministrazione Generale per la Sicurezza Costiera. Chiediamo, inoltre, che l’Italia non rinnovi il Memorandum of Understanding con la Libia che scade il prossimo 2 novembre.
- Eliminazione del fondo premialità per le politiche di rimpatrio, le cui risorse provengono dai risparmi della spesa in accoglienza, chiede la sua eliminazione, in quanto si tratta di uno strumento con una chiara vocazione securitaria, impiegato quasi esclusivamente per il controllo delle frontiere dei Paesi di transito.
- Sulla Tunisia è necessario che il nostro Paese riveda la sua politica bilaterale in materia di rimpatri, interrompa i programmi di finanziamento destinati al rafforzamento dei sistemi di repressione interna e controllo delle frontiere.