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Hebron, città a sud della Cisgiordania, è una delle più antiche città del mondo ed è anche uno dei siti storici e religiosi più significativi della ​​Palestina.

Nei secoli Hebron ha sopportato numerose guerre e conflitti, che continuano anche oggi a causa dell’occupazione israeliana. A seguito degli accordi di Oslo, le città palestinesi della Cisgiordania sono state inserite sotto l’Autorità palestinese. Tuttavia, nel 1997, il Protocol Concerning the Redeployment in Hebron – cosiddetto “Protocollo di Hebron” – ha suddiviso la città in due aree:

  • H1, con una popolazione di circa 140.000 palestinesi,  sotto il controllo dell’Autorità palestinese;
  • H2, che comprende la città vecchia e alcune zone limitrofe, sotto il controllo militare israeliano.

Nella zona H2 ci vivono circa 30.000 palestinesi e 500 coloni israeliani illegali protetti da soldati israeliani.

L’occupazione e le misure di sicurezza imposte dalle forze israeliane per difendere i cinque insediamenti nel cuore della città vecchia di Hebron hanno avuto un impatto devastante su ogni aspetto della vita dei palestinesi che vivono nella zona H2, inclusa la sicurezza personale, l’accesso ai servizi, la libertà di movimento e l’accesso a mezzi di sussistenza.

Lo Sharek Center è stato istituito dalla municipalità di Hebron nel 2000 con l’obiettivo di offrire ai giovani e ai bambini un rifugio sicuro in un luogo caotico e anche per sostenere lo sviluppo e la partecipazione dei giovani, per aumentare il loro coinvolgimento nelle sfere sociali, culturali ed educative.

Il nome non è casuale – “sharek” in arabo significa partecipazione – e infatti il centro intende essere una piattaforma e un luogo dove la gente può esprimersi e attivarsi, per sé stessa e la comunità. Lo Sharek Center, partner da più di due anni di ActionAid, lavora con tutti i segmenti della società (bambini, giovani, donne) con l’obiettivo di fornire servizi culturali, sociali e ricreativi, tra cui la sensibilizzazione e la consulenza psico-sociale per le donne e i giovani.  In questi anni molti sono i progetti partiti fra cui la nascita di un gruppo di artisti e una band musicale; un team di giovani esperti di media che documentano e raccontano le violazioni dei diritti umani subite dalla popolazione; diverse iniziative comunitarie tra cui campagne per affrontare il lavoro minorile e la disoccupazione giovanile e corsi per l’empowerment delle donne, di alfabetizzazione, di sartoria e lavorazione di prodotti alimentari.

@photocredit: Paolo Chiovino

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