Tutti parlano di disuguaglianze. Anche quelli che hanno concorso in questi ultimi trent’anni a produrle. Perché le disuguaglianze sono tornate a crescere, prima di tutto quelle di ricchezza. E la percezione di abbandono, disattenzione o impotenza da parte delle classi dirigenti ha prodotto paura, risentimento, rabbia.
L’idea che la tua povertà o vulnerabilità, il degrado del tuo territorio, il peggioramento dei servizi essenziali per te e la tua comunità, il mancato riconoscimento della tua persona siano “inevitabili” ti toglie la forza per poterti emancipare e ti lascia aperta solo la strada della rabbia verso gli altri, magari ancora più deboli di te.
Ma non c’è nulla di ineluttabile nelle disuguaglianze. È una menzogna costruita nell’ultimo trentennio. Le disuguaglianze sono il frutto di politiche pubbliche errate, di un minore potere del lavoro, di un cambiamento del “senso comune”. Ce lo ha insegnato Anthony Atkinson.
È dunque possibile ridurre le disuguaglianze. Con un cambio di rotta radicale su questi tre fronti. Dopo due anni di lavoro, l’impegno del – a cui prendiamo parte - e di oltre duecento persone, fra ricercatori e membri delle organizzazioni di cittadinanza attiva, ha permesso di presentare oggi, 25 marzo, al Teatro de’ Servi di Roma, 15 proposte per la giustizia sociale, che intervengono su tre meccanismi di formazione della ricchezza: il cambiamento tecnologico, il potere negoziale del lavoro, il passaggio generazionale.
“Noi di ActionAid – ha dichiarato il nostro segretario generale Marco De Ponte – partecipiamo con orgoglio all’avventura del Forum. Siamo qui per lavorare sul tema dei diritti e della redistribuzione per una migliore qualità della democrazia”.
Se è vero che tutti parlano delle disuguaglianze, non tutti vogliono ridurle davvero.
Noi invece siamo convinti che si debbano cambiare le cose. È giusto. È possibile.
(Photo Credit: Alessandro Bianchi/Reuters)