Prima i Mondiali di calcio del 2014. Poi le Olimpiadi del 2016. Due grandi eventi che dovevano essere delle occasioni di rilancio per il paese carioca. Invece le cose stanno molto, molto diversamente da come si sperava. Perché il Brasile, dietro la patina di allegria e spensieratezza, deve fare i conti ogni giorno con questi sei problemi.
- La povertà. Il Brasile ha una popolazione di quasi 210 milioni di abitanti. Di questi, il 4,9 per cento vive con meno di 1,90 dollari al giorno, secondo i dati della Banca mondiale. Quindi, circa dieci milioni di persone non possono permettersi niente, nemmeno il cibo necessario per sopravvivere.
- Le favelas. È il nome con il quale s’indicano gli immensi slum, o baraccopoli, che sono sorti a ridosso delle principali città brasiliane. Rocinha e Cidade de Deus sono due delle più grandi favelas di Rio de Janeiro ma ce ne sono anche a Belo Horizonte, San Paolo, Recife, Olinda. Nelle favelas, dove vivono centinaia di migliaia di persone, mancano tutti i servizi fondamentali e sono spesso terreno di scontro tra bande criminali e polizia.
- La terra. Solo il 3% della popolazione brasiliana possiede campi coltivabili. Mentre 4 milioni di famiglie sono senza terra. Altre non hanno alcun diritto sui terreni dove vivono e lavorano da generazioni.
- La sicurezza alimentare. Il cibo è uno dei diritti fondamentali. Ma non in Brasile. Dove il sistema di produzione del cibo è messo costantemente in crisi da due “fenomeni”: la deforestazione e un’agricoltura basata solo sulle monocolture.
- La sanità. Un altro dei diritti negati nel Paese carioca. Gli ospedali pubblici sono spesso inaccessibili e le strutture private troppo care. La situazione è ancora peggiore nelle favelas, dove i centri sanitari sono in pessime condizioni e non c’è personale qualificato.
- L’analfabetismo. Non sapere né leggere né scrivere significa precludersi qualsiasi possibilità di avere un futuro migliore. Questa è la condizione di 12 milioni di adulti. Mentre un bambino su sette non può andare a scuola.