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L’emergenza Covid-19 sta determinando effetti estremamente preoccupanti e difficili da valutare, sul sistema sanitario ed economico nazionale.
È in questo quadro già così inquietante, che si paventa concretamente un altro rischio.
Quello di aggravare, soprattutto in zone già particolarmente disagiate, il livello di esclusione sociale di bambini/e e ragazzi/e che, con le scuole chiuse e le attività formative, sportive e aggregative sospese, vedono aumentare il pericolo di esclusione e dunque l’aggravarsi della povertà educativa.
Ricordiamo che negli ultimi dieci anni i minori in povertà assoluta sono triplicati, passando dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018 e hanno raggiunto quota 1.260.000.
Tra i quindicenni italiani ad esempio il 21% ha un livello di lettura al di sotto del livello base; la percentuale sale al 23% se si guardano le competenze in matematica; tali numeri salgono rispettivamente al 29% e al 36% nelle famiglie povere; e sono del 30% e del 34% nel Mezzogiorno.
Perché i giovani e le giovani con background familiari più fragili sono più colpiti dalla crisi?
In primo luogo, la didattica a distanza, laddove le scuole sono state in grado di avviarla, raggiunge solo studentesse e studenti che possano contare sul supporto proattivo della famiglia, il cui ruolo diventa oggi ancora più importante. Inoltre la dotazione informatica casalinga (computer, smartphone, connessione etc…) ha oggi un impatto importante e non tutti hanno gli strumenti necessari per partecipare in maniera adeguata alle lezioni.
Come se non bastasse, la scuola in molti contesti rappresenta l’unico luogo di aggregazione positiva, che viene dunque a mancare.
Non va neanche ignorato che talvolta la mensa scolastica è l’unico pasto equilibrato e completo della giornata.
Ultimo, ma non meno importante: molte famiglie, le cui entrate derivano da lavori precari e irregolari, vedono da un giorno all’altro un crollo in termini di disponibilità economica.
Le misure intraprese dal governo con il decreto #curaitalia riguardano anche la continuità dell’attività didattica da svolgersi on-line, prevedendo oltre 85 milioni di euro da spendere sia per l’acquisto di devices e relative connessioni sia per il supporto all’insegnamento. Affinché questa misura non aumenti le diseguaglianze tra territorio e territorio, tra scuola e scuola e tra giovane e giovane è fondamentale che essa sia accompagnata da azioni almeno della stessa dimensione volte a raggiungere i/le giovani “invisibili” nei luoghi virtuali e fisici dove si muovono: i social network e la strada.
Per quanto sia indubitabile che la scuola debba attrezzarsi per un’efficace didattica a distanza, desta qualche perplessità, visto il quadro che abbiamo delineato sopra – la mancanza di hardware è solo uno dei problemi che ostacolano la partecipazione – che si intenda fare tale passo nell’urgenza, il che può favorire gli istituti già più performanti e generare sprechi inutili di risorse.
Inoltre, è cruciale sin da subito pensare alla fase post emergenziale, a come recuperare il gap in termini di apprendimento che si sono generati in questi mesi, con azioni di discriminazione positiva. Riteniamo invece necessario e urgente introdurre strategie articolate che, coinvolgendo scuole, servizi sociali e terzo settore, permettano in primo luogo di capire la consistenza della popolazione scolastica effettivamente esclusa dai provvedimenti generali. È necessario sviluppare attività quali, per esempio, un’assistenza anche a distanza con educatori specializzati e funzioni di call center, assieme ad attività ricreative, quali web radio per i più grandi e coinvolgimento attraverso i social network fornendo, laddove sia necessario, i pasti.
Pensiamo infine che la situazione critica dei giovani e delle giovani non possa essere affrontata senza tener conto delle loro famiglie: in tal senso si deve riconoscere lo sforzo immane presente nel decreto #curaitalia relativo al capitolo lavoro e sostegno della liquidità delle famiglie. A tal proposito, ancora maggiore attenzione andrebbe posta agli effetti differenziati delle misure previste per coloro che hanno forme contrattuali più strutturate e/o lavorano in aziende più resilienti e gli altri.
L’aumento della platea e degli importi dell’attuale misura di reddito minimo (Reddito di Cittadinanza) e di un’assistenza nella richiesta delle misure di incentivi economici previsti dal decreto, sarebbero misure fondamentali per chi vive condizioni di precarietà lavorativa.
Anche in questo caso, è fondamentale pensare al post-emergenza e come gli effetti di questa fase possano essere recuperati.