10 mila ettari di terreno che erano stati assegnati al progetto dell’azienda Senhuile-Senéthanol, controllata dall’italiana Tampieri Financial Group, sono stati restituiti alle comunità di Ndiaël.
“Da quando ci avete fatto sentire la vostra vicinanza ci sentiamo meno soli!”: queste sono state le parole di Rouguiatou Ba, una delle donne del collettivo di Ndiaël che da anni si batte per il diritto alla terra suo e della sua comunità, quando le abbiamo chiesto della petizione lanciata da ActionAid quasi due anni fa.
Ricordate la storia del 37 villaggi nella riserva di Ndiaël la cui esistenza era messa in pericolo dalla decisione del governo senegalese di dare 20 mila ettari di terra in concessione all’azienda italiana Tampieri Financial Group? Rouguiatou era una di quelle donne che per prima si è opposta al progetto che avrebbe finito per espellere quasi 9.000 persone dalla terra su cui vivevano da sempre.
Da allora, molto tempo e molte firme sono passate.
150.000 firme per la precisione, di cui quasi 32 mila solo in Italia, per una petizione che aveva lo scopo di accendere i riflettori internazionali sul caso e mettere pressione sull’azienda e sul Presidente del Senegal.
Così la petizione è diventata quel famoso sassolino che, unendosi alle numerose mobilitazioni di Rouguiatou e delle altre persone in Senegal, si è trasformato in una vera e propria valanga in grado di bloccare i piani del governo. Il governo infatti ha deciso di limitare la concessione di 10 mila ettari promettendo che l’uso prioritario di quella terrà sarà dato alle comunità locali prima che agli investitori internazionali.
Consapevole del clamore che il caso ha provocato in tutto il mondo, il governatore della regione di Saint Louis, pressato durante un incontro pubblico da Rouguiatou e dagli altri membri del collettivo, ha promesso che l’assegnazione dei restanti 10 mila ettari non avverrà senza aver prima consultato le comunità impattate dal progetto.
Questa è una prima vittoria per la comunità di Ndiaël, ottenuta grazie alla mobilitazione locale e alla solidarietà internazionale, anche se, purtroppo, al mondo ci sono ancora troppe persone come Rouguiatou che chiedono di non essere lasciate sole nella lotta contro l’accaparramento di terre da parte di governi e aziende a scapito dei più deboli. Noi di ActionAid, grazie all’aiuto dei nostri numerosi sostenitori, saremo sempre al loro fianco.
La situazione attuale in Senegal
- 20.000 sono gli ettari di terra destinati al progetto dell’azienda Senhuile-Senéthanol controllata dall’italiana Tampieri Financial Group
- 9.000 persone che subiranno le conseguenze negative di questo progetto
- 37 i villaggi che si oppongono all’investimento organizzati nel Collettivo per la difesa della riserva di Ndiaël
- 50% del cibo consumato in Senegal viene importato
- 29,7% della popolazione senegalese affamata
Cronologia
[accordion title=”2010 – Senéthanol inizia i lavori” text=”L’azienda Senéthanol avvia una coltivazione su una superficie di 20.000 ettari ottenuta in concessione dal Consiglio Rurale di Fanaye.”][accordion title=”2011 – Il Progetto viene annullato” text=”La Tampieri Financial Group entra nell’investimento come socio di maggioranza della Senhuile SA che vede la partecipazione anche della Senéthanol – Ottobre: in una manifestazione delle popolazioni che si oppongono all’investimento, 2 persone rimangono uccise. A seguito di questi tragici eventi, i rappresentati del Collettivo di difesa per la terra di Fanaye incontrano l’allora Presidente Abdoulaye Wade, ottenendo l’annullamento del progetto.”][accordion title=”2012 – Il Presidente ci ripensa…” text=”Wade ritorna sui suoi passi, dando in concessione per 50 anni 20.000 ettari di terra per la realizzazione di un progetto agro-industriale – Aprile: il nuovo Presidente senegalese Macky Sall annulla il decreto che dava in concessione i terreni – 6 Agosto: il Presidente ci ripensa, e concede nuovamente i 20.000 ettari alla Senuihuile-Senéthanol – 9 Agosto: ignari della nuova autorizzazione, i rappresentanti delle comunità locali incontrano i vertici dell’azienda per negoziare un compromesso. La Senhuile-Senéthanol si impegna a limitare l’investimento a 10.000 ettari – Settembre: la Senhuile-Senéthanol avvia il progetto al di fuori dei 10.000 ettari accordati. Da allora il Collettivo per la difesa della riserva dello Ndiaël chiede che il progetto sia fermato e si rinegozino le condizioni di concessione dei terreni, per tutelare gli interessi e i diritti delle comunità locali.”][accordion title=”2014 – ActionAid lancia la campagna LANDfor Senegal e nasce il Collettivo di Ndiaël” text=”ActionAid Senegal lancia la campagna LANDfor Senegal alla presenza di comunità e associazioni locali, attivisti, rappresentanti della FAO, l’ambasciata italiana in Senegal – 15-19 ottobre: dieci rappresentanti del collettivo di Ndiaël partecipano all’Africa Social Forum portando il rapporto “No land no future”.”][accordion title=”2015 – Il Collettivo di Ndiaël partecipa al Social Forum Mondiale a Tunisi” text=”Il Collettivo organizza l’assemblea generale per eleggere la propria struttura e le cariche interne – Marzo: il Collettivo partecipa al Social Forum Mondiale a Tunisi.”][accordion title=”2016 – Un primo passo verso la risoluzione del problema” text=”Il Collettivo di Ndiaël viene convocato dal Governatore di Saint Louis (una delle Regioni a nord del Senegal) che conferma la revoca della concessione su 10.000 ettari alla Senhuile e assicura che finché resterà lui governatore non verranno più avviati progetti di concessione di terra ad aziende senza che vengano prima consultate le popolazioni locali e garantite le giuste compensazioni (case, servizi, attività socio-economiche).”]
28 aprile 2016. Un giorno importante
Nell’ambito del lavoro che da anni portiamo avanti sul tema del land grabbing, il 28 aprile, ActionAid è stata ascoltata dalle Commissioni Esteri e Attività Produttive della Camera in merito alla risoluzione che chiede al Governo italiano, tra le altre cose, di riconsiderare la partecipazione all’iniziativa del G8 chiamata New Alliance, la cui applicazione continua a favorire casi di accaparramenti di terre da parte delle multinazionali.
(@photocredit Giada Connestari)