I migranti rappresentano una componente particolarmente debole della domanda abitativa in Italia e ciò dipende non solo da una posizione di svantaggio economico, ma anche dall’esistenza di forme di subordinazione sociale, politica e giuridica.
I percorsi abitativi di chi esce dal sistema di accoglienza risultano ancora più ardui, spesso aggravati dall’assenza di reti di comunità solide sul territorio e dal pregiudizio discriminante che li accompagna nel discorso pubblico, in particolare negli ultimi anni.
Il report “Geografie dell’abitare migrante e diritto alla città. Un’analisi qualitativa del contesto napoletano”, elaborato nell’ambito del progetto “This must be the place” per l’inclusione sociale di giovani migranti, estende la prospettiva dall’alloggio – come spazio di intimità e di vita privata – al più ampio concetto di abitare: la casa rappresenta il nodo di interazioni molteplici (tra la dimensione abitativa e, ad esempio, quella lavorativa, tra relazioni sociali prossime e più ampie, tra spazi privati e pubblici, tra diversi attori sociali) e la possibilità di accedere agli spazi della vita urbana, della partecipazione politica, alle forme dell’appartenenza alla comunità, oltre il perimetro giuridico dell’istituto della cittadinanza.
A partire dalla ricognizione dei tratti più significativi dell’insediamento abitativo migrante nel capoluogo campano, il rapporto evidenzia lo scarto esistente tra il desiderio abitativo delle e dei migranti e la loro concreta esperienza abitativa, individuando possibili azioni per la costruzione di forme dell’abitare più inclusive e capaci di coinvolgere tutti, migranti e non, nella produzione collettiva di spazi pubblici e nella diffusione di pratiche di riuso del patrimonio, come l’auto recupero, in cui il valore della relazione interculturale sia prioritario.