Una forma di violenza silenziosa, che calpesta i diritti di bambine e giovani donne mettendo a rischio la loro salute fisica e psicologica. È la pratica delle mutilazioni genitali femminili, che ancora oggi lascia ferite profondo nel corpo e nella mente di almeno 200 milioni di ragazze e donne in 30 Paesi.
Un fenomeno che colpisce anche bambine e giovani donne migranti che vivono nel nostro territorio, spesso a rischio di esservi sottoposte quando tornano nel loro paese di origine per visitare i parenti. Sarebbero tra 61.000 e 80.000 infatti, secondo uno studio dell’Università degli Studi Milano – Bicocca le donne presenti in Italia sottoposte durante l’infanzia alla mutilazione dei genitali.
Per questo il 6 febbraio, Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, invitiamo il pubblico a unirsi a noi in una mobilitazione online condividendo il post che sarà pubblicato sulla nostra pagina Facebook. L’hashtag per seguire la campagna su tutti i social è #endFGM e il simbolo è un soffione viola, simbolo di libertà ed espressione di un desiderio. Insieme a noi in questa importante battaglia anche, tra gli altri, Luciana Littizzetto, Matteo Caccia, Amanda Sandrelli, Cristina Bowerman, Michela Andreozzi, Lella Costa, Marco Di Costanzo, Stefania Rocca, Andrea Lucchetta e le nazionali femminili di pallavolo e rugby.
Negli ultimi 2 anni abbiamo iniziato a lavorare con le comunità migranti in Italia originarie di paesi dove la pratica è ancora diffusa: le donne provenienti dalla Somalia presentano una prevalenza più alta (83,5%), seguite da Nigeria (79,4%), Burkina Faso (71,6%), Egitto (60,6%) ed Eritrea (52,1%).
“Parlare di mutilazioni genitali femminili ha suscitato inizialmente diffidenza e chiusura, sia perché ogni tema relativo alla sessualità è spesso considerato tabù, sia perché per molte donne e uomini era la prima volta che si metteva in dubbio una pratica che fa parte della loro ‘tradizione’. A questo si somma la non conoscenza dei rischi e delle conseguenze delle mutilazioni”, spiega Beatrice Costa, nostra Responsabile Programmi.
Particolarmente utili, all’interno dei percorsi di empowerment organizzati qua in Italia, sono state le testimonianze di donne che si battono in prima persona nel loro paese contro questa pratica, come Rahel, ex tagliatrice tanzaniana diventata ora attivista.
Molti anche i nostri “Champions for Change”, un network di agenti del cambiamento che si sono uniti insieme a noi e ai nostri partner in Europa e in Africa, impegnandosi a vario titolo nel contrasto delle MGF.
Adesso “per continuare a combattere questa pratica, chiediamo al futuro Governo italiano di assicurare azioni strutturali e continuative nel tempo per prevenire le mutilazioni femminili, con risorse adeguate e certe, valorizzando in particolare le attività che mirano al coinvolgimento delle comunità provenienti da Paesi dove il fenomeno è ancora diffuso”, afferma Beatrice Costa.
Vi aspettiamo nei prossimi giorni sui social network per unirvi alla nostra campagna #endFGM.