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Sopravvissuti al crollo ancora in difficoltà

Sono trascorsi 10 anni dal disastro industriale di Rana Plaza, il più devastante dopo la fuga di gas a Bhopal, in India, nel 1984: il crollo dell’edificio commerciale di otto piani a Dacca, Bangladesh, causato da un cedimento strutturale, avveniva il 24 aprile 2013.

Gli impatti dell’incidente, che provocò oltre 1.000 vittime e più di 2.500 feriti, si ripercuotono ancora oggi sui sopravvissuti all’incidente, in gran parte donne che erano impiegate nel settore tessile.

Uno studio condotto da ActionAid Bangladesh a dieci anni dal crollo fotografa, infatti, una situazione preoccupante: attualmente risultano senza impiego oltre il 50% dei 200 sopravvissuti al disastro, di cui l’89% è rimasto senza lavoro negli ultimi 5-8 anni. Una condizione che impatta sulla condizione socioeconomica delle famiglie colpite, il cui reddito è insufficiente a coprire le spese famigliari, né sono disponibili risparmi per coprire spese impreviste, come ad esempio quelle sanitarie. Le ragioni alla base di questa situazione sono forse ancora più allarmanti: il 21% dei sopravvissuti individua, infatti, nelle proprie condizioni fisiche – problemi respiratori, lesioni a occhi, mani o gambe e difficoltà di movimento – l’ostacolo principale alla possibilità di trovare un lavoro adeguato.

Preoccupa anche lo stato psicosociale, che risulta peggiorato negli anni per una percentuale rilevante (29%) dei sopravvissuti. “I ricordi orribili di quelle tre ore sotto le macerie mi perseguitano ancora. Provo la stessa paura quando entro o mi trovo in un edificio. Mi chiedo costantemente se avrò mai più il coraggio di andare a lavorare in uno spazio chiuso” ha raccontato Mousumi, che lavorava al sesto piano di Rana Plaza il 24 aprile 2013, che, come tanti e tante altre, sopravvissuti – più del 57% – vive ancora oggi un forte stress legato all’esperienza del crollo.

Il nostro intervento

Dal 2013, ActionAid è presente al fianco dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime del crollo, accompagnando il reinserimento lavorativo o fornendo sostegno sanitario e psicologico. “Abbiamo indagato la situazione dei sopravvissuti del Rana Plaza mostrando come molti di loro stiano ancora lottando mentalmente e fisicamente.” ha dichiarato Farah Kabir direttrice di ActionAid Bangladesh. È molto preoccupante vedere che più della metà non sia riuscita a trovare opportunità economiche per andare avanti. Sono persone che hanno un disperato bisogno di sostegno per trovare mezzi di sussistenza alternativi e l’opportunità di vivere una vita dignitosa “.

Proprio per questo, ActionAid ha attivato dei Women’s Café accanto alle fabbriche di abbigliamento per aiutare le lavoratrici: luoghi sicuri e accoglienti dove le donne possono trovare sostegno psicologico e finanziario e accedere a formazione e consulenza ma anche partecipare ad attività socio-culturali. “Il Women’s Café ci ha aiutato in vari modi, fornendo formazione, consulenza e sostegno finanziario. Di recente ho ricevuto una macchina da cucire e spero di avviare una piccola attività con questa macchina. Questo tipo di sostegno ci ha dato il coraggio di rialzarci e di essere consapevoli della sicurezza sul posto di lavoro” ha dichiarato Mousumi.

Imprese e tutela dei diritti umani e ambientali

D’altra parte, come evidenzia ancora lo studio di ActionAid Bangladesh, lo stato di sicurezza nelle fabbriche tessili in Bangladesh in questi anni non sembra migliorato: 93% dei 200 lavoratori attivi intervistati si è detto preoccupato per la propria sicurezza sul posto di lavoro, il 60% ha evidenziato rischi presenti nella propria fabbrica, il 19,9% ha riferito che gli edifici non sono dotati di attrezzature antincendio mentre il 23,4% ha segnalato l’assenza di uscite di emergenza.

Con l’obiettivo di fare luce su queste problematiche, creando le condizioni affinché disastri come Rana Plaza non si ripetano e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici siano tutelati siamo attivi sia a livello internazionale con la campagna “Justice is everybody’s business” che in Italia, con la campagna “Impresa2030. Diamoci una regolata”, nata per chiedere una Direttiva europea che imponga alle imprese di dotarsi di politiche e comportamenti efficaci per garantire il rispetto dei diritti umani e ambientali, in tutta la loro filiera di lavoro. Il testo della Direttiva, su cui si è di recente trovato un accordo, sarà votato dalla Commissione Affari legali il 24 e 25 aprile, per poi essere portato in plenaria al Parlamento europeo a fine maggio.

Foto: S. H. M. Mushfiqul Alam/ActionAid

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