Il 14 maggio 2018 il popolo Palestinese ha assistito a un altro bagno di sangue durante la commemorazione del 70° anniversario della Nakba del 1948, la giornata in cui circa 750.000 palestinesi furono espulsi dalla loro patria e più di 400 villaggi vennero distrutti. Lo stesso giorno in cui David Ben Gurion, uno dei padri fondatori dello stato di Israele, disse al figlio: “Dobbiamo espellere gli Arabi e prendere questo posto”.
Oggi vediamo il paradosso degli oppressori del mondo che celebrano l’inaugurazione dell’ambasciata degli Stati Uniti nella Gerusalemme occupata, mentre un milione di manifestanti palestinesi, in grande maggioranza civili di ogni estrazione sociale si incamminano verso il cosiddetto “recinto di sicurezza” per rivendicare il diritto a tornare nei loro villaggi e nelle loro città.
Mentre scriviamo questo pezzo, 52 palestinesi sono stati uccisi a sangue freddo delle forze di sicurezza israeliane mentre più di 2410 riportano gravi ferite. Sei tra i caduti palestinesi erano minori di 18 anni, inclusa una bambina.
Secondo il Ministero della Sanità, 1204 palestinesi sono stati feriti da colpi di proiettile. 79 sono feriti al collo, 161 alle braccia, 62 alla schiena e al petto, 52 allo stomaco e 1055 alle gambe. 203 feriti risultano essere bambini e 78 donne.
Dall’inizio delle proteste cominciate il 30 marzo 2018 le forze israeliane hanno ucciso a Gaza 100 palestinesi e ferito circa 10.500 persone.
Quando la Grande Marcia del Ritorno ha raggiunto il suo apice il giorno della Nakba - martedì 15 maggio - gli israeliani hanno risposto con forza ancor più letale; il bilancio dei morti di oggi è impressionante e il numero delle vittime è destinato ad aumentare drasticamente.
Il leader dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas ha condannato quello che ha definito “il massacro israeliano contro il nostro popolo” e dichiarato tre giorni di lutto in Palestina.
L’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite Zeid Ra’ad al-Hussein ha detto in un tweet: “Uccisione scioccante di dozzine di persone e ferimento di centinaia durante la sparatoria israeliana a Gaza che deve essere fermata adesso. Il diritto alla vita deve essere rispettato. Quanti sono responsabili della vergognosa violazione dei diritti umani devono essere obbligati a risponderne. La comunità internazionale ha bisogno di assicurare giustizia per le vittime”.
Amnesty International, la commissione antirazzista delle Nazioni Unite e altre organizzazioni hanno espresso la loro condanna e la loro preoccupazione per quanto sta accadendo e si sono appellate a Israele affinché interrompa immediatamente l’uso eccessivo della forza e delle munizioni nel trattare con i manifestanti disarmati che non rappresentano una reale minaccia per i soldati.
Human Rights Watch ha criticato Israele per l’uso di proiettili quando non vi era una minaccia immediata per le truppe o i civili israeliane e ha affermato che questa politica ha “causato un bagno di sangue che chiunque avrebbe potuto prevedere”.
Continueremo a monitorare la situazione a Gaza e a fornire qualunque aiuto in nostro potere alle vittime e alla comunità.