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A che punto è il nostro Paese con la lotta alla dispersione e all’abbandono scolastico?
Purtroppo le disuguaglianze continuano a perpetuarsi tra generazioni e cristallizzarsi a livello geografico a causa di bassi livelli di apprendimento e abbandoni precoci della scuola.
Uno dei punti deboli è l’orientamento rivolto agli studenti. Influisce infatti sulla durata e sull’indirizzo di studi scelto e sulla probabilità di completare gli studi.
Il bisogno di rafforzare le politiche di orientamento emerge dalle voci degli stessi studenti.
“Oggi noi ragazzi non veniamo aiutati nel creare una prospettiva progettuale sul nostro futuro, conosco molte persone che dopo la scuola non sanno che fare poiché non vengono aiutate nell’orientarsi su un lavoro o studio futuro” afferma Valentina, 19 anni, studentessa dell’Istituto Tecnico Commerciale Insolera di Siracusa.
La scelta errata della scuola secondaria di secondo grado è uno dei fattori di dispersione infatti. Sulla scelta influisce la condizione socioeconomica della famiglia e le sue aspettative, questo più di motivazioni e capacità del giovane.
“La scelta della scuola nasce sempre da un’influenza del territorio e dal background culturale. Se si proviene da un territorio che permette di poter sfruttare le risorse presenti e la famiglia ha una visione ampia il ragazzo riuscirà a fare una scelta più consapevole e meno vincolata rispetto al background culturale. In altri casi purtroppo questo non accade e quindi necessariamente si viene influenzati dalle scelte del gruppo dei pari piuttosto che dalle scelte familiari che derivano anche da necessità economiche” commenta Lucia Boscia, educatrice per ActionAid nei programmi di orientamento a Palermo.
Durante quest’anno scolastico noi di ActionAid abbiamo somministrato un questionario ai docenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado di Palermo, Siracusa e Reggio Calabria.
Emergono alcune criticità del sistema di orientamento: le poche azioni effettivamente attivate; la scarsa informazione sulle scuole che si possono scegliere; la carenza nel dialogo con le famiglie; la poca collaborazione e co-progettazione fra i soggetti che a livello locale insieme al mondo della scuola sono coinvolti nel percorso di orientamento. A questo si aggiunge la mancanza di enti e figure esperte e l’insufficienza delle risorse a disposizione.
Lo scorso dicembre il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha adottato, a otto anni dalle precedenti, le nuove Linee guida per l’orientamento accompagnate, nella Legge di bilancio 2023, da uno stanziamento di 150 milioni di euro per il “Fondo finalizzato alla valorizzazione del personale scolastico con particolare riferimento alle attività di orientamento, di inclusione e di contrasto alla dispersione scolastica”.
Anche il PNRR parla di orientamento, nelle indicazioni operative relative all’“Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e II ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica” con uno stanziamento pari a 1,5 miliardi di euro.
“Nonostante l’intento di includere l’orientamento nel Pnrr sia un elemento positivo, la semplice emanazione di nuove Linee guida unita ai due stanziamenti economici non rappresenta una riforma vera e propria. La politica promossa dal Ministero dell’istruzione e del Merito è debole e rimane ancora troppo legata a una logica meritocratica e non diretta a eliminare le disuguaglianze e gli ostacoli che impediscono ai giovani di accedere a percorsi che valorizzino le loro competenze e aspirazioni. Inoltre, la gestazione della “riforma” sull’orientamento è avvenuta internamente al Ministero, senza minimamente coinvolgere il mondo della scuola né altri attori, pubblici e privati, attivi nel settore” dichiara Maria Sole Piccioli, Responsabile della nostra Area education.
Le nuove Linee guida ignorano il rapporto con gli altri attori dell’orientamento, come il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le Regioni, i Centri per l’impiego e per la formazione professionale regionale.
Inoltre, è problematico anche il ruolo attribuito alla figura dei tutor scolastici, scelti fra il personale che come prima responsabilità dovrebbe avere la didattica, introdotti solo nella scuola secondaria di secondo grado e con una formazione prevista minima.
Infine, rimane ancora debole la fase di monitoraggio e di valutazione, necessaria per rispondere agli obiettivi di prevenzione e contrasto della dispersione e dell’abbandono scolastico.
Con un media nazionale del 12,7%, l’Italia è il terzo Paese in Europa per abbandoni scolastici, preceduta solamente da Romania (15,3%) e Spagna (13,3%).
L’abbandono del percorso formativo secondario si collega anche con il fenomeno dei Neet: nel 2022 in Italia il 20,8% dei giovani tra i 15 e i 35 anni si trova in questa condizione (il 10,1% ha tra i 15 e i 19 anni). In questo contesto noi di ActionAid, nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado delle città di Palermo, Reggio Calabria e Siracusa, siamo attivi con il progetto “OP-ed. Orientamento e Partecipazione per l’educazione” finanziato dall’Unione Buddhista Italiana. L’intervento ha l’obiettivo di rafforzare le competenze e la consapevolezza nella scelta del percorso di studi degli studenti e definire linee di azione da implementare nei singoli contesti coinvolgendo docenti e altri attori del territorio.