A che punto siamo con i fondi antiviolenza? Quante sono le risorse stanziate ad oggi e come sono state utilizzate? A queste domande avrebbe dovuto rispondere la relazione che, secondo la legge sul femminicidio, il sottosegretario alla Presidenza con delega alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora doveva presentare alle Camere entro il 30 giugno. Ma la scadenza non è stata rispettata, e gli interrogativi sulle risorse stanziate, così come sullo stato di avanzamento del Piano nazionale antiviolenza 2017-2020 restano inevasi.
“Un’occasione persa – dichiara Isabella Orfano, Esperta del nostro Programma Diritti delle donne – Continua a venir meno la trasparenza necessaria e determinante nella gestione delle politiche pubbliche. È un fatto grave: non si tratta solo di una questione procedurale ma sostanziale, che si aggiunge ai gravi ritardi nell'erogazione dei fondi ai centri antiviolenza, messi in evidenza anche dal rapporto che abbiamo presentato a novembre. Le risposte non possono farsi attendere ancora, perché è a rischio l'esistenza stessa dei centri e delle case rifugio e, soprattutto, la possibilità delle donne che subiscono violenza di essere assistite”.
In base alla legge 119/2013, la cosiddetta legge sul femminicidio, entro il 30 giugno Spadafora era chiamato a presentare alle Camere la relazione sullo stato di utilizzo delle risorse ripartite tra le Regioni per i centri antiviolenza e le case rifugio. La stessa legge prevede anche una relazione annuale sul Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere 2015-2017 e sul Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, della quale ad oggi non si hanno notizie.
“Le relazioni – prosegue Orfano - avrebbero potuto rispondere anche ad altre domande: ad esempio, quando verranno erogati i 20 milioni di euro per il potenziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio ripartiti tra le Regioni con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri a inizio novembre? Quando verranno programmate le risorse per il 2019?”.
Nel nostro report “Trasparenza e accountability. I fondi nazionali antiviolenza” risulta che – dai dati disponibili – a fine ottobre 2018 era stato erogato solo il 35,9% dello stanziamento complessivo dei fondi nazionali per il triennio 2015-2017 (più di 85 milioni di euro in totale), mentre le Regioni avevano liquidato il 25,9% dei fondi per il potenziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio. Ad oggi, la percentuale delle risorse liquidate da parte delle Regioni è salita al 56,2% del totale, poco più della metà dei fondi che, secondo la legge, dovevano essere spesi nel 2018.
“Vogliamo capire che priorità il Governo intende dare alla lotta alla violenza di genere. In un clima di minacce e attacchi continui ai diritti e agli spazi delle donne, è necessario un segnale forte di presa di responsabilità su un problema che richiede interventi strutturali e continuativi nel tempo. Non possiamo permetterci pause su questo fronte”, sottolinea Orfano.
In attesa di nuovi aggiornamenti, noi di ActionAid continueremo a monitorare l’azione di Governo e Regioni per la lotta alla violenza e a chiedere che ci sia totale tracciabilità e trasparenza nell’uso dei fondi e nella rendicontazione delle spese, sperando che il Sottosegretario Spadafora si affretti a rendere conto alle Camere del suo impegno contro la violenza di genere, rispettando gli impegni previsti per legge”, conclude ActionAid.
Alla nostra denuncia si uniscono anche D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, la cooperativa Be Free e Telefono Rosa.
"Riscontriamo un totale stallo nelle politiche nazionali di prevenzione e contrasto della violenza maschile contro le donne - dichiara Lella Palladino, presidente di D.i.Re - A tutt’oggi abbiamo dal Governo solo una dichiarazione di disponibilità a dare continuità e corpo al Piano Nazionale contro la violenza maschile sulle donne, ma di fatto i finanziamenti sono fermi. Inoltre ci risulta che tutti gli interventi per le donne migranti previsti originariamente nel Piano sono stati cancellati”.
“Assistiamo ad un clima di inaudita violenza contro le donne, un momento in cui la chiusura, l'aggressione, la negazione del rispetto e del riconoscimento appaiono come prioritarie nel discorso pubblico - sottolinea Oria Gargano di Be Free - Spiace constatare che, lungi dall'impegnarsi in azioni realmente trasformative, il DPO è anche inottemperante rispetto a compiti già messi a sistema e normati”.
“Abbiamo la sensazione che tutto sia fermo da tempo - dichiara Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa - occorre invece andare avanti in tempi celeri sia con il Piano nazionale sia con il trasferimento dei fondi”.