I terribili ricordi del Ciclone Idai che ha colpito di sorpresa la maggioranza della popolazione nel sud est del Malawi lo scorso anno possono sembrare lontani, ma non per chi ne vive tuttora le conseguenze.
Estel ha 62 anni e vive nel Distretto di Phalombe, dove a marzo 2019 è accaduto un vero e proprio disastro. La stagione 2018-2019 prometteva bene per Estel. Era riuscita a seminare nei suoi 2 acri di campo e le piante avevano attecchito bene.
È bastata una notte per cambiare lo scenario. A febbraio una prima pioggia notturna ha parzialmente distrutto il campo, portando via la coltivazione di mais che rappresenta per molti nel paese la principale fonte di sostentamento.
Il mese dopo il Ciclone Idai ha definitivamente distrutto il poco che era rimasto. Solo nel distretto di Phalombe le piogge hanno fatto precipitare in una situazione di insicurezza alimentare oltre 22.300 famiglie. Di queste oltre 4.600 nella zona di Nazombe e Nkhulambe, dove siamo presenti dal 2000.
Su scala nazionale il numero delle persone colpite è stato impressionante: 739mila, con 60 morti e 577 feriti, secondo i dati condivisi dal Governo del Malawi in occasione della dichiarazione dello stato di emergenza.
“È stato terribile”, racconta Estel “sono passati più di 9 mesi e stiamo ancora cercando di riprenderci dal disastro. Non riesco a preparare ai miei nipoti i pasti di sempre, perché tuttora non ho il cibo necessario. Non siamo riusciti a raccogliere nulla dai campi”.
Estel e la sua famiglia hanno beneficiato della distribuzione di beni di prima necessità organizzata sia dal Governo che da ActionAid e altre organizzazioni non governative.
La situazione si è aggravata con l’aumento del prezzo del mais, dovuto alla scarsa produzione, che adesso si aggira intorno ai 20 dollari per un sacco da 50 kg. Una cifra non indifferente in un paese in cui la maggioranza di cittadini vive con meno di un dollaro al giorno. Mentre continuano le distribuzioni di cibo e beni di prima necessità (la distribuzione di mais ha coinvolto oltre 1000 famiglie), sono iniziate anche le distribuzioni di semi e di animali da allevamento, per permettere alle famiglie di riprendere le loro attività e generare reddito nel medio-lungo periodo. L’obiettivo tutt'oggi resta quello di aumentare la resilienza delle comunità ai cambiamenti climatici e a periodi di crisi alimentare come questa.
La regione dell’Africa sudorientale sta infatti affrontando una nuova crisi. Dopo le forti piogge del ciclone Idai dello scorso anno, Mozambico, Malawi, Zambia e Zimbabwe fronteggiano ora un periodo di siccità. Il più grave negli ultimi 35 anni. L’estremizzazione dei fenomeni climatici rende sempre più difficile le coltivazioni e la produzione di alimenti, mettendo a rischio nella zona circa 9milioni e mezzo di persone.
Per questo tra le azioni in atto nella zona ci sono le formazioni per la risposta alle emergenze e il supporto ai gruppi di coordinamento e alle cooperative nelle comunità, affinché siano in grado di fronteggiare questa nuova crisi.