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Ritardi gravi nell’assegnazione e nello stanziamento delle risorse che in alcuni territori rischiano di far chiudere i centri antiviolenza e le case rifugio, negando il diritto a essere assistite alle donne che subiscono violenza. È il quadro allarmante che emerge dal monitoraggio che abbiamo condotto sui Fondi statali antiviolenza dal 2015 al 2019, previsti dalla legge 119/2013 (la cosiddetta legge sul femminicidio) e ripartiti dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio alle Regioni per finanziare i centri antiviolenza e le case rifugio.
Ad oggi non è ancora stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio per la ripartizione dei fondi antiviolenza 2019; solo lo 0,39% dei fondi 2018 è stato liquidato dalle Regioni ai centri antiviolenza e alle case rifugio; per i fondi del 2017, a quasi due anni dall’emanazione del decreto, la percentuale di risorse erogate ai centri è al 34%, mentre per le annualità 2015-2016, il dato è al 63%.Percentuali che rischiano di vanificare l’impatto dell’aumento progressivo dei fondi stanziati (solo tra il 2017 e il 2018 i fondi sono aumentati da 12,7 a 20 milioni di euro). Le risorse crescono dunque ma restano bloccate a causa dei ritardi nei passaggi burocratici e non arrivano alle strutture di supporto e accoglienza alle donne.
“Non è tollerabile che una catena di ritardi metta a rischio la gestione dei centri antiviolenza e delle case rifugio, e con questa il diritto delle donne di accedere al supporto necessario nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Bisogna accelerare i tempi e snellire le procedure”, dichiara Elisa Visconti, Responsabile della nostra area Programmi.
Se da un lato, ritardi e burocrazia impediscono che le risorse arrivino nei tempi previsti e rischiano di far chiudere in alcuni territori le strutture di supporto ed accoglienza, la situazione non è migliore per quel che riguarda l’accessibilità di atti pubblici e informazioni. Secondo un indice che abbiamo elaborato proprio per valutare il livello di trasparenza degli atti regionali di programmazione e liquidazione dei fondi (con un valore da 0 a 29), che prende in esame l’annualità 2017, il punteggio medio delle Regioni, pur registrando un lieve miglioramento rispetto al rapporto dello scorso anno, si ferma a 15.3 punti. La Regione Marche, con 27 punti su 29, risulta la Regione con il più alto livello di trasparenza, seguita da Veneto con 25 e Umbria con 23. Sicilia e Molise hanno migliorato il loro grado di trasparenza rispetto al 2018, passando rispettivamente da 10 a 12 e da 8 a 16 punti, così come la Basilicata passata da 0 a 7 punti. Passi indietro invece per la Campania e la Valle d’Aosta a causa dell’irreperibilità degli atti.
Il monitoraggio ha previsto quest’anno anche due focus territoriali su Lazio e Lombardia per ricostruire il sistema locale di gestione delle risorse, evidenziando anche problematiche comuni, come l’inefficace sistema di erogazione dei fondi che prevede la liquidazione delle risorse statali ai centri antiviolenza e alle case rifugio solo dietro presentazione della rendicontazione delle spese sostenute.