Questo sito utilizza cookie tecnici per migliorare la tua navigazione e cookie di analisi statistica di terze parti. I cookie di analisi possono essere trattati per fini non tecnici da terze parti.
Se accetti di navigare in questo sito, acconsenti all’uso di tutti i cookie e, in particolare, per permetterci di usare cookie di profilazione per aggiornarti sulle nostre attività in maniera personalizzata.
Se vuoi saperne di più Clicca qui.
Siamo stati in Tanzania con il progetto Food Wave per documentare gli impatti del cambiamento climatico sul territorio e sulle comunità. In particolare, abbiamo visitato il distretto di Kilwa, nella zona Sud Est del Paese, e Dar es Salaam, dove abbiamo potuto incontrare molti giovani attivisti e attiviste che fanno parte della rete di Global Platform, che hanno scelto insieme di mobilitarsi contro il cambiamento climatico.
Il 70% degli eventi meteorologici estremi in Tanzania è connesso alla crisi climatica: i periodi di forte siccità si alternano ormai in modo imprevedibile a inondazioni, come quella che nel 2020 ha interessato l’area di Njinjo, nel distretto di Kilwa, che abbiamo visitato e dove abbiamo potuto raccogliere diverse testimonianze dalle persone colpite.
“Ero una negazionista climatica ma dopo aver visto le persone colpite dalle alluvioni del 2020 ho iniziato ad aprire la mia mente” ha dichiarato Happy Itros Sanga, una delle giovani attiviste che fanno parte della rete di Global Platform che abbiamo incontrato e intervistato a Dar es Salaam, “ho capito che quello che stava accadendo, la crisi climatica, era un problema reale”
L’economia della Tanzania si basa infatti prevalentemente sull’agricoltura, che rappresenta la principale fonte di sostegno per il 75% della popolazione: la crisi climatica, dunque, non solo mette a rischio la sicurezza e la salute delle persone, ma anche la loro principale fonte di reddito.
Il cambiamento climatico è “una multa per un reato non commesso” per un Paese come la Tanzania che contribuisce solo allo 0,03% delle emissioni globali di gas serra. Un’ingiustizia che ha le sue radici nelle promesse non mantenute dei Paesi più ricchi e il suo antidoto in una generazione di giovani pronti al cambiamento.
Il documentario Yatapita, che abbiamo prodotto con Will Media con il supporto del progetto Food Wave, getta luce sulle principali sfide legate alla crisi climatica in Tanzania, attraverso interviste e storie personali coinvolgenti.
Nel corso di quattro episodi, il giornalista e autore Alessandro Sahebi raccoglie le testimonianze di giovani attiviste e attivisti che si stanno facendo strada nel mondo della cittadinanza attiva in Italia e oltre i confini nazionali. Nel secondo episodio andiamo in Tanzania per capire come le nuove generazioni stanno affrontando la sfida più importante, quella contro il cambiamento climatico.
Video interviste:
Da anni siamo presenti in Tanzania al fianco delle comunità più vulnerabili per supportarle nell’individuazione di risposte concrete al cambiamento climatico. In particolare, promuoviamo lo sviluppo dell’agroecologia con attività di sensibilizzazione rivolte in particolar modo alle donne, che hanno il duplice scopo di diversificare le opzioni alla base della sicurezza alimentare e coniugare all’utilizzo di pratiche agricole ecologiche il miglioramento delle relazioni di genere.
Promuoviamo inoltre numerose iniziative di educazione e sensibilizzazione sul clima rivolte soprattutto ai giovani, nel quadro delle attività della Global Platform, Il network internazionale di ActionAid per l'attivismo giovanile.
Food Wave nasce con l’obiettivo di sensibilizzare, attivare e coinvolgere i giovani e le giovani dai 15 ai 35 anni riguardo al nesso tra cibo e cambiamento climatico, così che i ragazzi e le ragazze possano guidare la transizione globale verso un sistema alimentare sostenibile entro il 2030. ActionAid ha coordinato la campagna internazionale di comunicazione digitale legata al progetto, oltre a numerose attività: eventi, contest artistici e anche due field visit, una in Tanzania e una in Senegal.
Food Wave è finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma DEAR e guidato dal Comune di Milano.