Sitara ha 35 anni ed è fuggita dal Myanmar con le sue 8 figlie.
È una degli oltre 706.000 profughi Rohingya scappati in Bangladesh dopo lo scoppio delle violenze nello stato del Rakhine, in Myanmar.
A un anno dall’inizio dell’esodo, la crisi non sembra risolversi.
Sitara è scappata quando la situazione è precipitata al punto da farle temere per la vita delle proprie figlie.
“Quando siamo arrivate è stata molto dura. Abbiamo passato i primi 2-3 giorni in accampamenti all’aperto nell’area collinare. Dovevamo camminare sotto la pioggia.
C’erano così tante persone insieme a noi, siamo scappati davvero in molti. Abbiamo dovuto lasciare tutte le nostre cose e correre via. Quando siamo arrivati qui avevamo solo i vestiti che stavamo indossando.
Il viaggio è stato un inferno. Non avevamo cibo, né un posto dove dormire la sera”.
Sitara e le sue figlie sono al momento in uno dei campi di Cox’s Bazar, dove siamo intervenuti per supportare in particolare donne e bambini.
I rischi di violenza infatti aumentano esponenzialmente durante le emergenze umanitarie.
“Stiamo lavorando sostenendo le donne che portano le cicatrici fisiche e mentali di quello che hanno vissuto – scioccanti violenze sessuali, gravidanze derivanti dagli stupri, e il doloroso e pericoloso viaggio verso il Bangladesh”, racconta la direttrice nazionale di ActionAid in Bangladesh Farah Kabir.
Abbiamo quindi allestito 6 spazi sicuri dedicati alle donne e alle ragazze. Ogni centro offre consulenza psicologica, controlli medici, kit-igienici e assorbenti, informazioni sui servizi disponibili nel campo e – non ultimo – un luogo sicuro dove socializzare e supportarsi a vicenda.
“Ho molta paura per le mie figlie” ci confessa Sitara, “via via che crescono temo che aumenti per loro il rischio di subire violenze”.
Proprio per situazioni come queste abbiamo costituito anche 33 comitati femminili in grado di monitorare e prevenire situazioni di violenza, incoraggiare l’ingresso negli spazi sicuri femminili e illustrare come denunciare eventuali violenze subite. Molte ragazze e donne sono state formate appositamente affinché i comitati possano essere progressivamente gestiti in autonomia.
La situazione è complessa anche dal punto di vista sanitario e alimentare.
“Riceviamo razioni quotidiane di cibo, ma sono tante le cose di prima necessità che ci mancano”, continua Sitara.
Per migliorare la situazione sanitaria e l’accesso all’acqua abbiamo costruito 15 bagni pubblici, comprendenti toilette e docce, parte riservati esclusivamente alle donne. Abbiamo inoltre distribuito oltre 14.000 coperte a più di 7.800 famiglie.
A rendere peraltro ancora più difficile la vita dei profughi è arrivata la stagione dei monsoni e dei cicloni, che sta già causando decine di allagamenti e alluvioni, distruggendo molti ripari e strutture.
Stiamo continuando a lavorare quotidianamente per supportare i rifugiati Rohingya in questa difficile situazione, ma non possiamo che augurarci che la crisi possa risolversi al più presto, date le difficilissime condizioni che le persone vivono nei campi profughi.