La vita nei CPR e il regolamento del 2014
Attualmente la vita all’interno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e le modalità di accesso da parte del mondo esterno è disciplinata dal regolamento del 2014, che “a breve” sarà riformato da un decreto ministeriale.
In vista di questi cambiamenti, il 24 febbraio scorso noi di ActionAid siamo stati in audizione davanti alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani sulla trasparenza nell’informazione del Senato rispetto ai CPR.
L’audizione ha rappresentato “un’ottima occasione per rompere il velo di oscurità che circonda la gestione emergenziale delle migrazioni a partire dalla detenzione amministrativa e agevolare la partecipazione e il monitoraggio della società civile” spiega Fabrizio Coresi, nostro Programme Expert on migration.
Ai membri della Commissione diritti umani, abbiamo presentato brevemente il percorso che portiamo avanti con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari che ha permesso di avviare un monitoraggio sui dati e le persone detenute nei CPR.
Il progetto agisce nella congiuntura tra accessibilità ai luoghi di detenzione amministrativa (ed alle informazioni ad essi correlati) e diritti umani, tra la possibilità della società civile di entrare in quei non-luoghi che sono i centri di detenzione amministrativa e il rispetto dei diritti di chi vi è trattenuto in una condizione di privazione della propria libertà.
La trasparenza contro le violazioni
“Di fronte alle restrizioni poste all’accesso fisico alle strutture – a nostro parere da garantire – ci sembra quanto meno doveroso cercare di monitorare “a distanza” quel che accade dentro questi centri e come la gestione di essi e dei procedimenti che interessano i reclusi, si abbattano sulla loro vita, determinandola.
Il controllo democratico che garantisce il monitoraggio è fondamentale anche per la costruzione di una nuova narrativa. In questa prospettiva, i centri di detenzione amministrativa dedicati alle persone straniere non costituiscono solo una forma di privazione della libertà individuale, ma una contraddizione in termini della democrazia in generale e dei valori costituzionali. Indicatore quindi di quanto accade o rischia di accadere ben oltre il cosiddetto sistema di gestione delle migrazioni”, spiegano Fabrizio Coresi Programme Expert e Cristiano Maugeri Programme Developer on Migration “Abbiamo quindi chiesto alla Commissione di fare proprie le nostre istanze di trasparenza, ed in particolare l’inserimento di una clausola di trasparenza nel regolamento ministeriale attualmente in fase di revisione e che dal 2014 definisce, tra le altre cose, l’accessibilità ai CPR”.
Il sistema dei CPR è di fatto privatizzato: se è vero che i centri detentivi dipendono dal Ministero dell’Interno e localmente dalle Prefetture, la gestione è affidata a soggetti privati e lo Stato continua ad occuparsi degli aspetti repressivi che hanno a che fare con il mantenimento dell’ordine, l’identificazione e l’esecuzione del rimpatrio.
Le nostre proposte
La trasparenza diventa quindi un antidoto, non sufficiente, ma necessario, alla violazione dei diritti fondamentali e alla criminalizzazione della componente straniera della nostra società.
Proprio in ottica di trasparenza e informazione rendiamo disponibile la memoria condivisa con la Commissione Diritti Umani, ribadendo la nostra richiesta una clausola di trasparenza nel nuovo testo del regolamento, in particolare:
- Un applicativo comune e obbligatorioper tutti gli enti gestori dei centri di permanenza per il rimpatrio, che permetta una raccolta dati omogenea e facilmente gestibile dalle Prefetture e/o dal Ministero dell’Interno.
- L’obbligo per Prefetture e Ministero dell’Interno di rilasciare dati di pubblico interesse inerenti al sistema di detenzione amministrativa e alla filiera del rimpatrio.
- L’obbligo per le Prefetture e/o per il Ministero dell’Interno di dotarsi del registro FOIA e di utilizzarlo, così da evitare inoltre un enorme aggravio di lavoro per il personale delle PA;
- Maggiori aperture alle visite ai CPR da parte della società civile sulla base di requisiti ragionevoli eventualmente indicati a livello statutario, garantendo la possibilità di interloquire con i trattenuti.
Il ricorso alla detenzione amministrativa di persone straniere per la sola mancanza di un permesso di soggiorno fa del CPR un contesto fortemente critico. I CPR sono strutture ben peggiori di quelle carcerarie e, di conseguenza, le persone sono private delle tutele e delle garanzie previste dall’ordinamento penitenziario, con gravi ripercussioni sui loro diritti fondamentali.
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