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25 Luglio 2024
A cura di Fabrizio Coresi - Programme Expert Migration
Di trasparenza si parla molto, spesso dimenticando che per legge, “è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali” ed è “intesa come accessibilità totale dei dati e documenti […], allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione […] e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”.
La trasparenza infatti “concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali”.
Purtroppo, appare lontana l’applicazione di questo principio nelle prassi ordinarie. Le politiche sulla trasparenza e quelle migratorie vanno in un certo modo di pari passo: spesso la legge c’è, ma non si rispetta. Le vicende delle persone migranti, con uno scarso peso politico e una “vita a ostacoli burocratici”, costituiscono la cartina tornasole dell’approccio alla partecipazione e dunque, seppur a un livello diverso, di quanto vive anche chi possiede la cittadinanza italiana.
Se i dati riguardano una limitazione delle libertà - come quelle di circolazione e soggiorno - la qualità e l’accesso alle informazioni sono un diritto essenziale che, se negato, rischia inevitabilmente di compromettere il rapporto tra società civile e pubblica amministrazione, inducendo sentimenti di sfiducia e diffidenza verso le istituzioni.
Di conseguenza, ActionAid ha sviluppato un lavoro di monitoraggio civico basato sui dati, un antidoto alle leggende metropolitane e alla costante strumentalizzazione della materia migratoria per fini politici contingenti, indipendentemente dal governo di turno.
A fronte di dati che la pubblica amministrazione dovrebbe rilasciare autonomamente, ma diffusi solo sporadicamente, in formati aggregati o frammentati (se non proprio contraddittori), siamo stati costretti a servirci dell’accesso civico generalizzato. Le potenzialità della nostra analisi si sono tuttavia scontrate con la diversa capacità delle PA interessate di elaborare i dati e in alcuni casi con la reticenza ad evadere le richieste.
Dal 2018 noi di ActionAid insieme a openpolis lavoriamo per realizzare un monitoraggio del sistema di accoglienza capace di sopperire a una cronica mancanza di trasparenza.
La struttura informativa oggi disponibile, la piattaforma opendata Centri d’Italia, è il risultato di uno sforzo di ricerca, sistematizzazione e analisi, nonché di azioni legali. È solo grazie alle vittorie al Tar del Lazio (2020) e al Consiglio di Stato (2022) che abbiamo colmato un vuoto informativo e nostro malgrado anticipiamo costantemente il Viminale. La pubblicazione della relazione annuale al Parlamento, unico strumento di trasparenza a disposizione dei decisori, prevista per legge il 30 giugno di ogni anno, è regolarmente disattesa (siamo ancora in attesa di quella relativa al 2022).
Nel nostro ultimo report “Un fallimento annunciato” analizziamo lo stato del sistema a fine 2022 e evidenziamo l’approccio all’accoglienza del nuovo governo attraverso l’analisi dei bandi, fino all’agosto 2023. Non si registra nessuna invasione (le persone accolte sono lo 0,18% della popolazione residente). Al contrario si sta smantellando l’accoglienza a colpi di decreti, disincentivando le forme diffuse e procedendo ad assegnazioni dirette (il 66% dei bandi singoli nei primi 8 mesi del 2023).
In un anno con stato di emergenza e interventi normativi si sono rese legge le prassi illegittime delle Prefetture e del Viminale (valse condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) e sarà molto più difficile opporvisi. Sono state inoltre anticipate le politiche più restrittive discusse a livello europeo (poi adottate con il nuovo Patto) nella direzione di una detenzione diffusa e della commistione tra prima accoglienza e sistema detentivo in ingresso (relativamente alla quale abbiamo relazionato, tra le altre cose, anche presso la Commissione Affari Costituzionali).
I Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) costituiscono uno degli strumenti più controversi e meno trasparenti delle politiche migratorie. Presidiati dalle forze dell’ordine, lontani dallo sguardo della società civile, tali strutture offrono un quadro desolante di inefficacia e confusione amministrativa e gestionale.
Nato da una collaborazione tra noi di ActionAid Italia e il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, il progetto “Trattenuti” raccoglie dati e informazioni sul funzionamento dei Cpr con l’obiettivo di gettare luce sull’efficacia e i costi del sistema detentivo.
Un lavoro di analisi dettagliata di dati sul sistema di detenzione dei Cpr dal 2014 al 2021 (che aggiorneremo al 2023 entro il prossimo autunno), raccolti grazie a 51 richieste di accesso civico a Ministero dell’Interno, Prefetture e Questure e a 30 richieste di riesame. Un lavoro di ricostruzione che da solo ha richiesto 18 mesi. Dal dato complessivo fino alla singola struttura, è tutto disponibile in formato accessibile e aperto sulla piattaforma Trattenuti, con un’interfaccia user friendly.
Un sistema inumano e costoso, inefficace e ingovernabile, che negli anni ha ottenuto un solo risultato evidente: divenire lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini. Sono questi i tratti caratteristici del sistema dei CPR raccolti nel Report “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”.
Le organizzazioni della Campagna Ero Straniero si sono impegnate nella richiesta, analisi e sistematizzazione di dati sugli ingressi regolari per lavoro, dopo essersi incentrate sul monitoraggio della regolarizzazione straordinaria inaugurata oltre 4 anni fa con il decreto Rilancio, e non ancora conclusa.
I dati dipingono una situazione peggiore di ogni previsione. Nel 2023 solo il 23,52% delle persone in ingresso hanno ottenuto permessi di soggiorno e impieghi regolari. Nel 2022, il tasso è stato del 35,32%, ma per un numero di ingressi inferiore e a quasi due anni dal click day. Solo una piccola parte di chi entra in Italia con il decreto flussi, quindi, riesce a stabilizzare la propria posizione, ottenendo lavoro e documenti. Il resto delle persone è destinato a scivolare in condizione di irregolarità e di estrema precarietà e ricattabilità.
È la stessa normativa che produce l’emergenza che dice di voler contrastare, e incentiva, con un eccesso di rigidità del meccanismo, l’aggiramento della legge, sfruttamento lavorativo e profitti illeciti. I recenti interventi di “semplificazione” hanno consentito l’impiego di personale straniero da subito, col solo nulla osta al lavoro, senza dover aspettare la conclusione della procedura. In questo modo si è tentato di soddisfare la richiesta di manodopera, senza tutele e senza curarsi delle conseguenze di una mancata formalizzazione del rapporto di lavoro.
A pochi giorni dalla presentazione del monitoraggio della Campagna, la Presidente è intervenuta in Consiglio dei Ministri con una informativa, dando notizia, insieme a numeri allarmanti in linea con quelli rilevati dalla campagna, della creazione di un tavolo tecnico per monitorare l’applicazione della programmazione dei flussi. La campagna ha quindi realizzato un fact checking rispetto alle informazioni date dal governo, in cui emerge chiaramente, dall’esame dei dati locali, la lettura quantomeno parziale da parte del governo. A fare la differenza è soprattutto il numero delle pratiche affidate ad uffici sottorganico: più sono gli ingressi stabiliti dal governo, più le domande da esaminare e le difficoltà a finalizzarle. Napoli, Roma e Milano ne sono un esempio.
Le attuali norme e politiche migratorie determinano nelle prassi quella stessa emergenza che nel discorso pubblico si ripete quasi ossessivamente di voler combattere. Ma che si parli di “emergenza immigrazione”, di “emergenza irregolarità”, di “invasione” o “sistema di accoglienza al collasso”, l’Italia come “campo profughi di Europa”, di “carichi residuali”, di persone che “non dovevano partire”, la responsabilità è fatta ricadere sulle persone straniere. Al contrario la Pubblica Amministrazione si autoassolve. Il Ministero dell’Interno agisce di norma in un quadro emergenziale che, comprimendo diritti fondamentali, risponde con le deroghe alla mancata programmazione, configurando uno stato di eccezione permanente.
È questo uno dei problemi più pressanti, che si tratti di accoglienza, di detenzione amministrativa o di flussi regolari per lavoro, la dinamica è simile. La mancanza di pianificazione e la gestione irrazionale appaiono sempre più ingiustificabili, anche in considerazione dei ruoli apicali del ministro dell’interno dal 2018 a oggi (come in passato, d’altra parte, vista ad esempio la partecipazione alla condanna dell’Italia per respingimenti illeciti da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), se non ammettendo che non si intende o non si è in grado di gestire quelle migratorie come normali politiche pubbliche, dovendo ricorrere a meccanismi straordinari anche quando l’emergenza a tutti gli effetti non c’è.
Continueremo a monitorare l’operato del Viminale e delle Pa interessate per fornire elementi a società civile e decisori, nella convinzione che i dati svolgano un ruolo fondamentale nella comprensione delle politiche pubbliche, nonché nella progettazione di nuove e negli investimenti per la popolazione. Aspettando la casa di vetro, lasciateci almeno aprire le imposte.