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Scacco matto a un’ingiustizia in tre mosse

L’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo: una battaglia vinta, una vicenda paradigmatica.

La disposizione normativa introdotta nell’ambito del primo decreto sicurezza per impedire l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale. Si tratta di una vittoria piena e importante. Non è così frequente, nello scenario contemporaneo, che nella tutela dei diritti delle e dei migranti si ottengano successi così nitidi. È, peraltro, un risultato denso di implicazioni pratiche. Senza il conseguimento della residenza e del rilascio della carta di identità, alcuni diritti essenziali – istruzione, lavoro, prestazioni sociali – sono nei fatti inaccessibili.

Prima di rituffarsi nelle prossime, decisive battaglie che ci attendono, vale la pena ripercorrere le tappe del percorso che ha determinato questa vittoria: possono fornire importanti indicazioni per il futuro.

Mobilitazione

Il cinque ottobre del 2018 è una data spartiacque. È il giorno in cui è entrato in vigore il primo decreto sicurezza, il provvedimento che ha drasticamente peggiorato la condizione giuridica delle e dei migranti. Accoglienza, procedure, accesso ai servizi e ai diritti: la qualità della vita di tantissime persone è segnata dalle drammatiche novità introdotte. Nei giorni immediatamente successivi all’emanazione del provvedimento, sconcerto e paura sono state le emozioni più diffuse nelle comunità migranti e nella società civile impegnata nella tutela dei diritti. Poco dopo, indignazione e rabbia sono diventate la cifra dominante. Le settimane e i mesi successivi all’entrata in vigore del provvedimento sono stati scanditi da mobilitazioni intense, partecipate e diffuse. Cortei, appelli, tentativi, spesso vani, di interlocuzione politica e campagne virtuali si sono susseguiti e sovrapposti, dando corpo a una mole di iniziative davvero notevole. 

La norma predisposta per impedire l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo è stata, nelle proteste contro il decreto sicurezza, uno dei punti focali. Se nell’immediato le mobilitazioni sembravano inefficaci, osservate a distanza di quasi due anni restituiscono sensazioni differenti. L’energia messa in circolo con le manifestazioni di protesta ha contribuito ad attivare e motivare giuriste e giuristi, sindache e sindaci, avvocate e avvocati. Significative iniziative di tutela a livello territoriale e fondamentali cause giudiziali hanno costituto i due pilastri nell’azione di resistenza contro il divieto di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo. Tantissime persone si sono impegnate nella ricerca delle strategie più efficaci per ripristinare il diritto alla residenza. Senza gli appelli, le manifestazioni, le prese di parola, probabilmente questa diffusa intelligenza collettiva sarebbe stata inerme. Al contrario, il punto di partenza del percorso che ha condotto alla vittoria segnata dalla decisione della Corte Costituzionale è costituito proprio da quelle mobilitazioni che molto spesso sono catalogate come inutile testimonianza.

Attivazione delle amministrazioni solidali

Tra l’entrata in vigore dei decreti sicurezza e la decisione della Corte Costituzionale sono trascorsi quasi due anni. Per tutto questo periodo i richiedenti asilo, nella maggior parte dei territori, sono stati illegittimamente esclusi dal conseguimento dell’iscrizione anagrafica, e quindi, di fatto, dall’accesso ai servizi erogati sul territorio. In questi due anni, alcuni amministratori locali hanno scelto di continuare a garantire il diritto all’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, aderendo all’interpretazione della normativa che anche ActionAid ha sostenuto e diffuso nell’ambito dell’appello #Dirittincomune, promosso insieme ad ASGI e ai sindaci di Crema, Siracusa e Palermo.

L’iniziativa dei sindaci ha consentito la tutela dei diritti e migliorato la qualità della vita dei richiedenti asilo: è un dato politicamente molto significativo. L’azione degli amministratori locali ha nei fatti anticipato l’esito della decisione della Corte Costituzionale: è stata una scelta coraggiosa e, alla prova dei fatti, indubbiamente giusta. 

Da una prospettiva più generale, si è trattato di un’interessante sperimentazione. Le organizzazioni solidali e i sindaci hanno sviluppato un’azione coordinata, strutturata attraverso il reciproco scambio di saperi e la definizione di una prospettiva convergente. L’efficacia di questa azione vale come appunto per il futuro: gli amministratori locali possono essere importanti alleati nella difesa dei diritti di cittadinanza.

Promozione di cause giudiziali

Le cause giudiziali intraprese per tutelare le e i migranti a fronte delle novità introdotte dal primo decreto sicurezza sono molteplici e riguardano numerosi aspetti della normativa. Per quanto riguarda l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, le ordinanze dei Tribunali di Firenze, Bologna e Genova hanno per prime accolto la tesi secondo la quale il diritto soggettivo all’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo fosse vigente, nonostante le intenzioni del governo, in ragione di un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa. 

I citati Tribunali – seguiti da tantissimi altri, su tutto il territorio nazionale – hanno accolto i ricorsi d’urgenza presentati dai richiedenti asilo a cui era stata impedita l’iscrizione anagrafica e ne hanno disposto l’iscrizione. Viceversa, i Tribunali di Ancona, Milano, seguiti da quelli di Salerno e Ferrara, hanno ritenuto che le novità introdotte in tema di iscrizione anagrafica dal decreto sicurezza potessero contenere profili di incostituzionalità. La decisione della Corte Costituzionale è arrivata proprio in ragione di questo rinvio. La Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della normativa per violazione dell’articolo 3 della Costituzione.

I ricorsi presentati per garantire l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo hanno consentito la tutela di molte decine di persone e hanno influenzato le prassi di molti comuni e, quindi, sulla vita di moltissimi richiedenti asilo. La decisione della Consulta traccia una linea sulla norma che, nelle intenzioni del governo, doveva impedire l’iscrizione anagrafica, e la cancella. Su tutto il territorio nazionale è ripristinato il diritto alla residenza per i richiedenti asilo. Da una prospettiva più generale, la promozione di cause giudiziali ha consentito, negli ultimi anni, l’affermazione e il ripristino di diritti negati dall’azione dei governi.

L’iniziativa sviluppata per riconquistare il diritto all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo ha preso forma in ragione delle specificità del tema. Allo stesso tempo, questa battaglia vinta può essere un utile promemoria in vista delle prossime vertenze. Le mobilitazioni di piazza, l’azione dei sindaci e la promozione di cause giudiziali possono, a seconda dei casi, contribuire in maniera significativa alla tutela dei diritti di cittadinanza, ancor di più quando lo spazio di interlocuzione politica è limitato o assente. Vincere è possibile: con questa convinzione che affronteremo le prossime sfide.

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