Dichiarato ammissibile dalla Cassazione, nei prossimi mesi andremo al voto
L’argomento del quesito
La Corte di Cassazione ha dichiarato ammissibile il referendum in tema di cittadinanza, che mira a ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza richiesto ai cittadini stranieri per ottenere il passaporto italiano. Questo traguardo segna una tappa fondamentale per coloro che credono in un’Italia più aperta e inclusiva. Ci attende ora una sfida ancora più impegnativa, che richiederà organizzazione, coraggio e un forte slancio collettivo.
La fase di raccolta firme, pur impegnativa, è stata caratterizzata da un entusiasmo contagioso e da una mobilitazione capillare. Grazie alla dedizione di attiviste, attivisti e organizzazioni, il tema della cittadinanza è tornato al centro del dibattito pubblico, coinvolgendo anche persone che non avevano mai partecipato a iniziative di questo tipo. Ora, però, si tratta di fare un salto di scala. Occorre costruire una rete ancora più ampia e diversificata, in grado di incidere a livello politico e sociale.
Il contesto politico e la posta in gioco
Il contesto politico in cui ci muoviamo è complesso, per usare un eufemismo. L’attuale clima politico italiano è segnato da tendenze restrittive sui diritti delle persone con back ground migratorio e da narrazioni che alimentano divisioni piuttosto che solidarietà. Questo rende il percorso più difficile, ma non impossibile. La sfida sta nel dimostrare che una politica inclusiva è non solo giusta, ma anche possibile e necessaria.
Al centro di questa battaglia ci sono le persone direttamente interessate: uomini e donne che, da anni, vivono, lavorano, studiano e contribuiscono al tessuto sociale italiano, senza poter accedere ai diritti di piena cittadinanza. Sono loro il cuore pulsante di questa mobilitazione, e il loro protagonismo deve continuare ad essere il motore del cambiamento. Accanto a questa dimensione, serve costruire alleanze su larghissima scala. Il referendum rappresenta un’opportunità per ribadire che la cittadinanza non è solo una questione formale, ma profondamente politica.
L’unione fa la forza
Il comitato promotore del referendum ha già dimostrato una straordinaria capacità di mobilitazione, riuscendo a sperimentare linguaggi nuovi e a riattivare l’interesse su un tema che per troppo tempo era rimasto ai margini del dibattito pubblico. Attraverso campagne innovative, incontri territoriali e l’uso dei social media, il comitato ha saputo raggiungere persone diverse per età, contesto e provenienza.
Questa esperienza è stata un esempio di come è possibile superare la frammentazione e costruire percorsi collettivi. Ora, però, occorre andare oltre: non basta riaccendere l’interesse, bisogna consolidarlo, amplificarlo e trasformarlo in una forza capace di incidere realmente sulle politiche.
Ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza rappresenta un miglioramento significativo della legge sulla cittadinanza. Questo cambiamento è non solo necessario, ma anche utile per invertire la tendenza restrittiva che ha caratterizzato gli ultimi anni. La possibilità di acquisire la cittadinanza in tempi più brevi non è solo una questione di diritti individuali: è una scelta che riguarda il futuro del Paese, la sua capacità di riconoscere le persone che già contribuiscono alla sua crescita.
Verso un futuro di diritti
Ma questo referendum è molto di più di una semplice riforma tecnica. È un’occasione per immaginare una fase espansiva dei diritti, un momento per ripensare il concetto stesso di cittadinanza come strumento di partecipazione democratica.
Questo è il momento di fare un passo avanti. La strada è lunga e complessa, ma le energie messe in campo finora dimostrano che il cambiamento è possibile. La determinazione, la creatività e la capacità di costruire alleanze saranno le nostre migliori alleate. Il referendum sulla cittadinanza non è solo una sfida politica: è una battaglia per un futuro più giusto, più aperto e più solidale.