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Potere, Apprendimento Collettivo e Improvvisazione

Un racconto del Training for Trainers della rete delle Global Platform, a cura di Michele Restuccia, ActionAid Italia / GP Italia.


Come rendere gli spazi di apprendimento partecipativi e inclusivi?
Perché divertirsi e improvvisare è utile a raggiungere il cambiamento?
Cosa condividere dell’esperienza italiana con colleghe/ii da tutto il mondo?

Queste erano alcune delle domande che ho portato con me a un Training for Trainers su come facilitare il cambiamento politico, organizzato dalla rete Global Platform a MS TCDC, vicino ad Arusha (Tanzania), dal 3 al 16 settembre, con formatrici/tori GP di oltre 20 paesi, principalmente da Africa e Asia.
L’obiettivo delle GP è sostenere movimenti giovanili che promuovono un cambiamento giusto, verde e femminista in tutto il mondo.

Nota sul linguaggio: d’ora in avanti userò il femminile sovraesteso, come soluzione sostenibile e in fieri per praticare una lingua più inclusiva. 

Potere, cura di sé stessi e un po’ di disapprendimento

“Siamo neutrali come formatrici?
Se vuoi rispondere SI salta sul lato sinistro del prato, per dire NO salta sul lato destro”.

Questo era Bishal Ranamagar, parte del gruppo di formatrici con Anjana Luitel e Changu-Rufaro Chibesa, d’ora in avanti il team ABC. Era rivolto a noi, un gruppo di oltre 30 formatrici un po’ insicure su dove collocarsi, mentre stavamo in piedi in mezzo al prato del campus.

Il gesto fisico (in realtà ho saltato subito a destra) è stato veloce ed emozionante, e la discussione successiva è stata intensa: sono emerse diverse esperienze in cui abbiamo praticato scelte consapevoli nel gestire le formazioni, in particolare comportamenti o punti di vista non in linea con i valori di GP. Essendo il nostro obiettivo legato a quanto succede al livello della società in cui le attiviste si mobilitano, scegliamo di assumere sin dall’aula una posizione di solidarietà con chi vive e combatte i diversi sistemi di oppressione.

Questa è stata una delle sessioni più utili per iniziare a discutere di come noi, come formatrici, attuiamo i Principi pedagogici delle GP, per esempio prendendo posizione contro l’occupazione della Palestina o il patriarcato. Per consentire alle giovani di analizzare e modificare le strutture di potere è fondamentale consentire loro di imparare insieme mentre discutono di punti di vista e valori. Come abbiamo sperimentato in queste due settimane, è necessario anche saper accettare di non essere d’accordo, all’interno di un quadro di valori comuni. Se da una parte questo è un processo impegnativo, dall’altra mantiene il gruppo motivato e capace di imparare insieme.
Durante i primi mesi del Capacity Building di GP Italia mi è successo più volte di scegliere condividere i miei valori con il gruppo di partecipanti, cercando di tenere il difficile equilibrio tra assertività e dialogo. Anche se non sono sicuro di quanto spazio si sia creato in quel contesti, ora so quanto sia cruciale per l’empowerment politico, durante le formazioni e nella pratica quotidiana.

Le pratiche di conversazione e disaccordo mi hanno aiutato a comprendere nuove opportunità per usare una lettura femminista, affrontando pregiudizi e privilegi. Per farlo ho dovuto disimparare e interrogarmi: quanto spazio stavo occupando nella stanza, anche implicitamente, da bianco europeo? Quale era il mio privilegio in termini di sicurezza ambientale e politica? Confondevo forse profilazione razziale con razzismo?
È faticoso, l’ho ammesso con il gruppo, dentro e fuori l’aula. Ma insieme ci siamo ricordate che smantellare patriarcato e visione coloniale è un processo, non una competenza che acquisisci semplicemente tramite un corso. Detto semplicemente: se non fosse stato per le conversazioni e le riflessioni che ho condiviso non sarei andato così lontano.

L’autoriflessione va di pari passo con la cura di sé, poiché aggiungere livelli di analisi è  impegnativo in termini di energia, e senza chiacchiere ed energizer in particolare (per cui all’inizio avevo oggettivamente poca curiosità) non mi sarei sentito sollevato e supportato. Queste occasioni di celebrazione e riflessione mi hanno aiutato a ritrovare benessere, ad elaborare dubbi e paure. Questo mi ha reso, pian piano, più rilassato di fronte ai momenti di crisi, pronto ad ascoltare e ad adattarmi.

Insieme, riflettendo e improvvisando

“Vestiti come vuoi essere trattata! [Dress as you want to be addressed]”
“Si, ma…”

Dopo aver discusso a lungo delle modalità per creare un rapporto di fiducia con le comunità con cui lavoriamo, alla fine ci siamo trovate d’accordo che possiamo adattare i nostri (favolosi) look o valori per adattarci al contesto, ed evitare di restare sole in aula!
Allo stesso modo abbiamo anche realizzato di non essere d’accordo su quanto possiamo adattarci, condividendo che è una scelta individuale e, soprattutto, che di base è importante non dimenticarci di presidiare i nostri valori e la nostra identità, anche per evitare che compromessi eccessivi ci rendano frustrate o prive di energia.
Alla base dei principi GP c’è la convinzione che siamo parte del processo di apprendimento: per questo dobbiamo progettare corsi e attività consapevoli del nostro ruolo e della nostra posizione, con trasparenza e creatività.
La combinazione di pratiche come project work, visualizzazioni, interviste e pratiche teatrali ha permesso di tenere tutte a bordo, tenendo conto della diversità di livelli di esperienza e di tipologie di apprendimento: quella visiva, quella basata su lettura e scrittura, quella uditiva e quella cinestetica. Questa consapevolezza andava di pari passo con gli obiettivi di apprendimento del corso: oltre ad acquisire nuove conoscenze sulla progettazione e sulla gestione dei percorsi formativi, abbiamo potuto applicarle tramite competenze trasversali  che collegano la dimensione di gruppo a quella individuale.

Il parking-lot è uno degli strumenti che abbiamo testato giorno dopo giorno. E’ un semplice poster su cui potevamo attaccare post-it in cui indicavamo temi da approfondire e richieste di confronto. Regolarmente ha permesso al team ABC di aggiungere sessioni (in alcuni casi rimodulando quelle già programmate), introdurre esempi e casi specifici che toccassero tematiche di interesse o aprire la discussione sul processo di apprendimento. Nella sua semplicità ci ha permesso di sperimentare come coinvolgere le partecipanti ed espandere la formazione utilizzando metodologie partecipative.

Tutto questo copre solo una parte del percorso di formazione. Le call, le formazioni in presenza, i webinar, etc. sono solo una parte del processo. Questo richiede una riflessione consapevole sui bisogni e sull’impatto. Per dirla in maniera più semplice d’ora in avanti userò la formula “40%-20%-40%”, usando il concetto di apprendimento esteso: il 40% delle attività di apprendimento avviene prima delle sessioni, il 20% durante le stesse e il 40% dopo, tramite la fase di public action learning.
Questo è stato uno degli ultimi principi che abbiamo testato: ciascuna di noi ha elaborato un piano di azione delle metodologie sperimentate e lo ha discusso in una sessione di coaching in peer to peer (il mio piano ha a che fare con un uso consapevole dei principi GP nel nostro Capacity Buiding). Questa sessione è stata piena di domande profonde e correlate, come nella migliore accezione del coaching, e nonostante mi sia trovato più volte a ridere e commuovermi allo stesso tempo, mi ha permesso di trovare potenziali conflitti di interessi, modalità di valutazione dell’impatto non previste (da me, sin qui!) e interessanti soluzioni alternative in caso di imprevisti.

Questo è uno degli insegnamenti che apprezzo di più: la pianificazione degli imprevisti. Durante lo svolgimento dell’azione pubblica con il mio gruppo, una formazione per un’organizzazione locale ad Arusha, a metà sessione (nonostante l’uso della figura del guardiano del tempo) ci siamo trovate terribilmente in ritardo con il programma delle sessioni. Avendo progettato la mia sessione in modo da poterla modificare all’occorrenza, ho deciso di tagliare introduzione ed esempi e lasciare tutto il tempo ai gruppi per progettare un prototipo di mobilitazione, che hanno completato in 7 minuti invece dei 15 previsti. Questo ha permesso al gruppo di completare le sessioni successive senza crisi e a me di ricordarvi di avere sempre pronto un piano B.

Nei prossimi mesi continueremo a confrontarci su metodologie e impatto, questo è un primo passo!

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