Ottanta organizzazioni africane scrivono al governo preoccupate per il “Piano Mattei”
Il 27 novembre scorso, a pochi giorni dall’inizio di COP28, noi di ActionAid, insieme a 29 organizzazioni della società civile africana, abbiamo scritto al governo chiedendo di interrompere i finanziamenti ai progetti fossili.
Oggi, a pochi giorni dal summit Italia – Africa dal titolo “Un ponte per crescere assieme”, sono 80 organizzazioni africane a scrivere al Presidente della Repubblica, alla Presidente del Consiglio ed al Ministro degli Esteri, esprimendo grande preoccupazione riguardo al “Piano Mattei”.
La lettera identifica in maniera brillante quella che, ad oggi, sembra essere la più grande debolezza del decreto-legge da poco convertito, ovverosia, citando un passaggio della lettera, “l’esclusione delle prospettive e dei bisogni africani nello sviluppo del Piano Mattei”.
Muovendosi a ritroso nell’agenda internazionale del governo, difatti, non vi è traccia di momenti di elaborazione e co-scrittura del documento programmatico – strategico, così lo definisce il decreto, in collaborazione dei partner africani.
La mancanza di una reale volontà di creazione di un partenariato alla pari con i partner africani emerge anche dalla cabina di regia del piano. All’articolo 2 del decreto, che elenca le molteplici realtà che il governo intende coinvolgere nei 4 anni di durata del piano, manca chiaramente un richiamo alla società civile africana. Trovano invece spazio, fra gli altri, “[…] Cassa Depositi e Prestiti, SACE, Simest rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica, di imprese industriali” prestando il fianco, come se non bastasse, ad una serie di potenziali conflitti di interesse ove queste si trovassero a beneficiare di potenziali fondi del piano.
Quella dei fondi poi è una partita altrettanto interessante. Non è chiaro, difatti, con quali fondi il Piano Mattei verrà finanziato.
Come se non bastasse, infine, le intenzioni energetiche del piano, sembrano tradire gli impegni assunti alla COP 26 di Glasgow in cui il governo italiano si impegnava a porre fine agli investimenti pubblici nel fossile entro la fine del 2022. Non solo l’impegno contenuto in quella dichiarazione non è stato rispettato (ad oggi SACE, l’agenzia di credito alle esportazioni, continua e continuerà a finanziare progetti fossili all’estero almeno fino al 2028) ma il Piano Mattei potrebbe incoraggiare maggiori investimenti verso progetti di estrazione ed esportazione di petrolio e gas fossili.
A completare il quadro di dettaglio delle preoccupazioni sollevate dalle 80 organizzazioni della società civile africana si aggiunge una inquietudine più di livello macro.
È come se le ambizioni del piano non fossero ancorate alla realtà del contesto africano. Fra le altre cose è bene ricordare che molti paesi dell’Africa sono, difatti, intrappolati in un circolo vizioso determinato dalla connessione tra debito e crisi climatica, in cui il debito estero ed i costi esorbitanti che questo comporta, spingono i paesi a cercare sempre nuove fonti di valuta estera, aprendosi rapidamente alle esportazioni di materie prime a basso prezzo. Tutto ciò agisce come acceleratore per gli investimenti nelle industrie estrattive, aumentando lo sfruttamento di combustibili fossili ed accelerando gli investimenti nell’agricoltura industriale per facilitare nuove esportazioni. Approccio che, nel suo complesso, ci allontana da quell’aumento massimo di 1,5 gradi previsto dall’Accordo di Parigi.
Il Piano Mattei, o almeno quello che ci è dato sapere fino a qui, sembra essere un piano novecentesco per disattenzione verso i temi di attualità, modalità di esecuzione e mancanza di collaborazione con i principali attori, ovverosia la società civile africana.
Ci auguriamo che le richieste contenute nella lettera vengano ascoltate. Leggi la lettera in inglese (versione originale) - Scarica la lettera in italiano.
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