Perché l’accordo Italia/Albania non ci piace
A cura di Francesco Ferri e Anna Nardone - Global Inequality and Migration Unity
Cosa sta succedendo
Il confinamento dei migranti in Albania segna uno spartiacque nella storia delle politiche migratorie italiane. Certo, anche prima dell’inizio di questa nuova sperimentazione, il contesto giuridico, sociale e politico che accompagna le migrazioni verso l’Italia era segnato da profonde fratture e radicali violazioni dei diritti.
La contrazione generalizzata del diritto d’asilo, il trattenimento extralegale e la selezione arbitraria non sono infatti una novità. Nonostante ciò, l’accordo tra Italia e Albania per il trasferimento coatto dei migranti e la detenzione finalizzata al rimpatrio rappresenta un enorme salto di scala nella violenza delle procedure e nella gravità dei diritti calpestati.
Il progetto delineato dal governo, com’è noto, finora si è fermato davanti alle decisioni del Tribunale di Roma. Le e i giudici, coerentemente con il contenuto della normativa europea, hanno stabilito che il trattenimento dei dodici migranti trasportati coattivamente in Albania era illegittimo, in quanto il presupposto giuridico – la provenienza da paesi considerati sicuri – non era compatibile con la legge sovranazionale.
La piattaforma “Trattenuti”
Lo strumento immaginato dal governo – il trattenimento delle persone nei centri costruiti in Albania – è, com’è noto, ampiamente utilizzato in Italia. Su questo tema, noi di ActionAid Italia insieme al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari abbiamo recentemente pubblicato l’aggiornamento 2024 del report "Trattenuti". Si tratta di una puntuale radiografia del funzionamento delle strutture di contenimento forzato delle persone migranti e richiedenti asilo.
"Trattenuti" è anche una piattaforma opendata e userfriendly utile a esplorare i dati sulle persone detenute e sulle singole strutture da molteplici punti di vista: giuridico, sociale, politico, economico. Il quadro del sistema della detenzione amministrativa in Italia che emerge è oltremodo inquietante e rappresenta il presupposto logico da cui ha preso forma l’accordo con l’Albania.
In questo quadro è utile segnalare il ricorso proposto al Tar del Lazio contro il capitolato (il documento che definisce costi e servizi associati) dei CPR, i Centri di Permanenza per il Rimpatrio insieme ad altre dieci organizzazioni, vista l’assenza di standard antisuicidari e a tutela della salute delle persone recluse. Le associazioni hanno inoltre sollecitato il tribunale amministrativo a sollevare la questione di legittimità costituzionale.
Tornando al tema del trasferimento coatto delle persone dal Mediterraneo centrale all’altra sponda dell’Adriatico, nonostante le decisioni del Tribunale di Roma, la partita non è chiusa. Il governo ha rapidamente predisposto un decreto-legge, pubblicato per tentare di rendere legittimi i trattenimenti dei richiedenti asilo nelle strutture deputate al loro trattenimento. Il tentativo appare goffo negli esiti e molto pericoloso nel metodo.
Le tensioni tra Governo e Magistratura
L’iniziativa del governo, infatti, persegue l’obiettivo di blindare la lista dei paesi di origine sicura – il presupposto per poter trattenere le persone in Albania. Questa azione, dal punto di vista dell’impatto immediato, lascia perplessi: è molto probabile che i giudici del Tribunale di Roma continueranno a non convalidare i provvedimenti finalizzati al trattenimento in Albania in quanto, com’è noto, anche un decreto-legge non può contraddire il contenuto della normativa europea.
Da questa prospettiva, l’iniziativa del governo sembra perseguire un altro scopo: esasperare le tensioni tra l’esecutivo e la magistratura. Le decisioni dei giudici di Roma, infatti, hanno suscitato reazioni scomposte dal governo. Se anche dopo l’emanazione del decreto-legge l’orientamento del Tribunale dovesse essere confermato, è molto probabile che lo scenario sarà del tutto simile – e forse ancora più esasperato – rispetto a quello visto nelle scorse settimane.
Cosa prevede il Patto Europeo sulle migrazioni
A completare il quadro e renderlo ancora più complesso contribuisce il Patto europeo sulle migrazioni e l’inizio del percorso che condurrà alla sua implementazione in Italia. Si tratta di un’ampia e stratificata riforma della normativa su scala europea in una dimensione strutturalmente peggiorativa di quella attuale.
L’esperimento Albania, per alcuni aspetti, è un’anticipazione di alcune delle misure contenute nel Patto, finalizzate al trattenimento, all’isolamento coatto, alla selezione immediata, in assenza di garanzie, delle persone che arrivano attraverso il Mediterraneo centrale. Anche per questa ragione, molti paesi europei osservano, con particolare attenzione, le vicende italiane di queste settimane.
Cosa aspettarsi
È una ragione in più per continuare a ribadire, in ogni sede utile – giudiziale e politica – che il confinamento dei migranti in Albania è incompatibile con il diritto codificato e inaccettabile dal punto di vista politico. Il governo probabilmente riproverà presto a trattenere in Albania le persone salvate in mare. Se anche dopo il prossimo tentativo saremo in grado di sviluppare un’efficace opposizione attraverso molteplici strumenti – ricorsi giudiziali, visite sul campo finalizzate alla denuncia politica, presidio e orientamento del dibattito pubblico – non è utopico pensare che l’accordo Italia-Albania venga effettivamente dismesso.
Questo rappresenterebbe un segnale positivo per i diritti delle persone che migrano verso l’Italia e, più in generale, per la democrazia e la qualità dell’ordinamento giuridico nello spazio europeo.