Nel mezzo della lunga estate delle e dei migranti
Le navi quarantena e la qualità della democrazia.
I luoghi, i tempi e le procedure che caratterizzano l’arrivo dei cittadini e delle cittadine di origine straniera sono profondamente cambiati, in direzione di un complessivo irrigidimento.
Le prassi applicate dopo lo sbarco sono, anche in tempi ordinari, piuttosto oscure. Quello che avviene dopo lo sbarco negli hotspot, i centri predisposti per il trasferimento dei e delle migranti immediatamente dopo l’arrivo, è poco noto e, dal punto di vista giuridico, politico e sociale, molto allarmante.
Le navi quarantena
Cosa succede alle persone che in questo specifico periodo arrivano via mare in Italia? L’inedito utilizzo delle navi quarantena, finalizzate all’isolamento delle e dei migranti, è la grande novità degli ultimi mesi. La nave Rubattino è stata la prima a essere utilizzata con tali funzioni. Sul traghetto, ancorato nei pressi delle coste palermitane, tra il 17 aprile e il 5 maggio sono stati collocati le e i migranti salvati dalle imbarcazioni Aita Mari e Alan Kurdi, in una condizione di sostanziale privazione della libertà, come misura di isolamento.
Per orientarsi efficacemente davanti a questa nuova prassi, è utile interrogarsi sulla sua conformità giuridica. Un dato, su tutti, desta preoccupazione: le procedure applicate all’interno delle navi quarantena non sono puntualmente disciplinate. È una mancanza tutt’altro che secondaria. In gioco ci sono, tra gli altri, diritti costituzionalmente tutelati, come il diritto di asilo, tutelato dall’articolo 10 della Costituzione, e il diritto alla libertà personale, garantito dall’articolo 13.
Il confinamento coatto delle e dei migranti all’interno delle navi quarantena configura una condizione di sostanziale trattenimento, al di fuori delle procedure e delle garanzie previste dalla legge. Il confinamento delle persone all’interno dei traghetti rende impossibile verificare se abbiano effettivamente accesso all’orientamento legale e alla domanda di asilo. È un dato tutt’altro che secondario. La mancata presentazione della domanda di asilo può comportare, tra l’altro, l’immediata espulsione o il trattenimento nei CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio).
Dal punto di vista dei servizi predisposti, della tipologia di alloggi e dell’assistenza fornita alle e ai migranti, l’utilizzo delle navi quarantena desta molte perplessità. Da un punto di vista psicofisico, questa nuova prassi prolunga e acuisce la condizione di stress, vulnerabilità e precarietà che quasi sempre caratterizza l’esperienza migratoria. L’introduzione di questa prassi è stata segnata dalla tragica morte di Bilal Ben Messaud, il ragazzo ventottenne che il 20 maggio si è lanciato in mare, perdendo la vita, dall’imbarcazione Moby Zazà, sulla quale era trattenuto, insieme ad altre 120 persone, dopo l'arrivo a Lampedusa. È impossibile comprendere quali sono le circostanze specifiche in cui prende forma un evento così drammatico. In ogni caso, la condizione di trattenimento, la prolungata permanenza in mare, l’incertezza giuridica ed esistenziale sul futuro possono indubbiamente esasperare le vulnerabilità soggettive.
Diritti e salute per tutti
È indispensabile continuare a gestire l’emergenza Covid19 predisponendo le opportune misure per tutelare la salute di tutte e tutti, ma è intollerabile che per specifiche persone – in questo caso le e i migranti – si attuino procedure arbitrarie e vessatorie.
Per chi arriva in Italia in aereo le prassi sono variegate: dipendono dalla nazionalità e dal paese di provenienza. In ogni caso, nessuno dei viaggiatori dotati di passaporto e visto è sottoposto a prassi in alcun modo paragonabili a quelle delle navi quarantena. Tra l’autoisolamento nella propria abitazione e la detenzione in condizione di promiscuità in luoghi del tutto inidonei di persone molto spesso molto provate dal percorso migratorio ci sono differenze abissali.
La tesi che accompagna la prassi delle navi quarantena – a volte esplicita, altre volte appena sottotraccia - è chiara: le e i migranti importerebbero il virus. Questa tesi contrasta con le evidenze statistiche: nei principali paesi di origine e di transito dei flussi migratori verso l’Italia il virus non ha avuto una diffusione paragonabile a quella registrata nel nostro paese. Dal punto di vista comunicativo e politico, l’associazione tra COVID19 e migranti rappresenta l’ultimo stadio della consolidata strategia di costruzione dell'immagine delle migrazioni come pericolo.
C’è assoluta compatibilità tra il rispetto dei diritti delle e dei migranti e la tutela della salute di tutte e tutti. Nelle circostanze in cui è necessario, le e i migranti possono essere sottoposti alle misure di isolamento in strutture adeguate dal punto di vista della qualità degli spazi e dei posti a disposizione, nel rispetto dei diritti codificati, senza che siano sottoposti a prassi arbitrariamente differenti. La qualità della democrazia si afferma nel contrasto alle prassi illegittime e inique, e nella tutela dei diritti di tutte e tutti.
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