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Un tema cruciale che tocca diritti, confini e futuro

A cura di Francesco Ferri e Anna Nardone – Global Inequality and Migration Unity



Il Patto Europeo sulla Migrazione: cosa cambia davvero

Il confinamento dei migranti in Albania segna uno spartiacque nella storia delle politiche migratorie italiane. Certo, anche prima dell’inizio di questa nuova sperimentazione, il contesto giuridico, sociale e politico che accompagna le migrazioni verso l’Italia era segnato da profonde fratture e radicali violazioni dei diritti.  

Si dice che a volte i pericoli più grandi si nascondano dietro l’angolo. In questo caso, il pericolo è già tra noi, anche se non riusciamo ancora a vederlo.

L’elefante nella stanza in questione è proprio il Patto Europeo sulla Migrazione e l’Asilo, un pacchetto di nuove norme che mira ad istituire un sistema migratorio comune per tutti i Paesi membri dell’UE. 

Qual è l’obiettivo del Patto?

  • un sistema comune di gestione dei flussi migratori
  • una gestione comune delle frontiere
  • nuove regole per i richiedenti asilo e l’integrazione

La Commissione ha presentato il patto sulla migrazione e l’asilo nel settembre 2020. 

(NdR: Dal sito della Commissione, il patto sulla migrazione e l’asilo è un insieme di nuove norme per la gestione della migrazione e che istituiscono un sistema comune di asilo a livello dell’UE.)

Gli strumenti giuridici del patto, che sono entrati in vigore l’11 giugno 2024, diventeranno applicabili dopo due anni, ossia a partire dal 12 giugno 2026, rivoluzionando l’attuale gestione dei flussi migratori.

Cambiamento giuridico e politico

Secondo la Commissione europea, il Patto promette frontiere esterne sicure, accertamenti rigorosi e la garanzia che i diritti umani fondamentali di tutti verranno rispettati. La realtà è un po’ meno sorridente di così, e si palesa come una serie di politiche europee progressivamente più escludenti e pericolose per le persone in movimento.

Una delle disposizioni più radicali è la procedura di asilo accelerata alla frontiera. Quest’ultima amplia l’uso di procedure di frontiera con meno garanzie, applicandosi nei casi di persone con nazionalità con tassi di riconoscimento asilo inferiori al 20%. Infatti, usare come parametro il tasso di riconoscimento, il quale è basato su dati Eurostat, comporta un rischio elevato di valutazione delle domande di asilo in base alle caratteristiche di gruppo, invece che alle richieste individuali.

Inoltre, l’uso del concetto di Paese sicuro è stato espanso facilitando così i rimpatri.  Gli Stati devono emettere una decisione di rimpatrio contemporaneamente al diniego di asilo, con tempi ridotti per il ricorso. Non è previsto un effetto sospensivo automatico, il che significa che una persona potrebbe essere deportata prima che un tribunale decida sul suo diritto di restare. È previsto inoltre un rafforzamento dei controlli alle frontiere attraverso la cooperazione con Frontex, così come un ampliamento della cooperazione con i Paesi terzi per prevenire gli arrivi e facilitare i ritorni.

Implementazione: una battaglia cruciale

All’interno del Patto, è previsto che ogni stato membro adotti un modello nazionale, in modo da armonizzare i lavori e facilitare gli sforzi di attuazione pratica. Lo scorso 12 dicembre è scaduto il termine di presentazione del proprio piano nazionale che aveva lo scopo di raggruppare i lavori giuridici, tecnici e operativi in 10 elementi. L’Italia, che aveva chiesto l’assistenza della Commissione per sviluppare il suo piano, non ha reso divulgabile il suo contenuto, che rimane ancora un interrogativo per la società civile.

Ora che il Patto è stato adottato, la sua implementazione rappresenta il campo di azione cruciale per determinare le sue effettive implicazioni. Sarà fondamentale seguire passo dopo passo l’applicazione delle misure previste: c’è forte rischio che alcune delle sue disposizioni vengano ulteriormente inasprite da pressioni politiche, in particolare da forze che spingono per una gestione ancora più severa dei flussi migratori. La trasparenza nel processo di implementazione è quindi essenziale: le organizzazioni della società civile e i movimenti dovranno mantenere un’attenzione costante, raccogliendo dati e denunciando eventuali violazioni o distorsioni dei diritti fondamentali. 

Noi di ActionAid, come organizzazione non governativa impegnata sul tema, siamo pronti a monitorare gli effetti del patto. 

Tre compiti per la società civile

In questo contesto, la società civile ha tre compiti principali da portare avanti. 

Il primo riguarda il monitoraggio costante dell’implementazione del Patto. Le organizzazioni devono analizzare attentamente l’applicazione delle nuove norme, cercando di rilevare eventuali abusi o ulteriori violazioni dei diritti fondamentali, poiché il rischio di inasprimento delle misure è reale. Le organizzazioni della società civile devono essere pronte a denunciare tempestivamente e con forza eventuali distorsioni.

Il secondo compito consiste nel non considerare il Patto come un dato di fatto, ma nel mantenere un atteggiamento critico verso di esso. È fondamentale che le organizzazioni non cadano nella trappola della normalizzazione, accettando passivamente il Patto come una soluzione inevitabile. E’ indispensabile continuare a spingere per immaginare alternative che possano migliorare complessivamente la condizione delle e dei migranti.

Infine, il terzo compito riguarda l’attenzione particolare alle frontiere e alle pratiche di trattenimento. Le frontiere rappresentano i luoghi in cui si concentreranno, in maniera ancor più marcata di oggi, le procedure di asilo e le pratiche di contenimento. La società civile deve essere vigile, monitorando attentamente le procedure implementate in frontiera e denunciando la torsione dei diritti.

Non dimentichiamoci del Patto sulle migrazioni 

Il Patto europeo sulle migrazioni è un passaggio fondamentale nel panorama delle politiche migratorie europee: le sue implicazioni non vanno sottovalutate. La società civile gioca un ruolo centrale nella sua implementazione, non solo monitorando l’applicazione delle misure previste, ma anche opponendosi a quelle che potrebbero compromettere ulteriormente i diritti delle persone migranti. 

È necessario continuare a mantenere alta l’attenzione e a criticare le politiche che strutturano esclusione e marginalizzazione, difendendo la qualità dei diritti in ogni fase del percorso di implementazione.

Se vuoi approfondire, puoi trovare i riferimenti normativi di cui abbiamo parlato in questo blog sul sito della Commissione Europea: Patto sulla migrazione e l’asilo – Commissione europea

photocredit: Yara Nardi/Reuters

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