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15 Aprile 2020
L’importanza dell’accesso e della condivisione dei dati per la programmazione degli interventi pubblici è diventato un tema noto a tutti con la recente emergenza del COVID-19. In questo momento di allarme globale il flusso di informazioni dettagliate e complete diventa di vitale importanza, e l’analisi di dati armonizzati si rivela cruciale per spiegare fenomeni complessi. ActionAid Italia è impegnata da anni sui temi della trasparenza, dell'accountability della responsabilità e della partecipazione nella fase di risposta alle emergenze. Per questo stiamo supportando Covid19Italia.help, un progetto nato per raccogliere e condividere informazioni utili e verificate e a promuovere risposte locali all’emergenza Coronavirus in Italia.
L’emergenza ha reso chiaro che i diritti - al pari della salute - sono tutelati se lo sono quelli di tutte e tutti. Ma sono i cittadini stranieri, nuovi arrivati o in Italia da anni, il grande assente nelle analisi che proliferano da giorni e si incentrano sui dati, come se una popolazione di 6 milioni di persone, parte integrante del motore sociale, economico, produttivo del paese fosse invisibile. Per questo nelle scorse settimane abbiamo proposto una prima ricognizione dell’impatto del virus sui diritti dei e delle migranti e sulle misure che riteniamo possano essere adottate a tutela.
Non possiamo non notare che nel discorso pubblico spesso le calamità naturali, le crisi, gli avvenimenti incontrollabili sono, al pari della migrazione, concettualizzati secondo il paradigma dell’emergenza. La vera emergenza che abbiamo però vissuto in questi anni riguarda politiche e norme preposte alla gestione dei flussi di richiedenti asilo arrivati nel nostro paese e che - come mostra l’ultimo provvedimento che impone la chiusura dei porti in violazione della Costituzione - rischiano di acuirsi in maniera inquietante. Si tratta di un fenomeno che ha avuto importanti risvolti sociali, politici ed economici, ma sul quale, pur trovando riscontro anche nei media mainstream, si sa molto poco a causa della scarsa fruibilità - e utilizzo - dei dati.
Il problema purtroppo è strutturale. Sin dal 2018, con il nostro lavoro Centri d’Italia, abbiamo cercato di “recuperare” l’argomento della trasparenza e dell’accountability e di sottrarlo ai detrattori dell’accoglienza, di aprirci alla società civile e al suo protagonismo nel monitoraggio civico, perché è anche la scarsa trasparenza a dar adito alle leggende metropolitane che circondano i migranti e ad alimentare sentimenti xenofobi. Nonostante i passi avanti, anche nel prosieguo delle analisi abbiamo riscontrato scarsa condivisione delle informazioni.
La sicurezza dell’esclusione - centri d’italia 2019/20 fa una panoramica sul sistema di accoglienza in transizione dopo l’intervento distruttivo del cd. decreto sicurezza e immigrazione e del nuovo schema di capitolato di gara. Nell’ambito dei cambiamenti prodotti dal nuovo contesto giuridico l’accesso ai dati risulta ancora più importante per monitorare la riconfigurazione del sistema e come questa incida sulla condizione psicologica, sociale e giuridica delle persone che vi sono ospitate. Ciononostante, se si eccettuano le inchieste indipendenti, come quella realizzata da ActionAid e Openpolis, non si hanno informazioni aggiornate che possano aiutare, ad esempio in questa situazione critica, nell’approntare misure tese al contenimento del virus e quindi a tutela della salute della popolazione straniera e della salute pubblica.
Come possiamo ridurre il contagio se non abbiamo contezza di quanti siano - e dove siano collocati, con quale regime, con quale capacità, etc. - i centri di accoglienza sul territorio, in un momento in cui prevale un sistema come quello dei CAS basato su grandi centri e grandi concentrazioni e privo di servizi? Come possiamo attuare delle politiche lungimiranti, che guardino anche al periodo successivo alla fine dell’emergenza strettamente intesa, se a causa del decreto sicurezza non abbiamo contezza delle persone sui territori dal momento in cui è stata vietata l’iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo?
L’assenza di dati non riguarda solo l’accoglienza, ma anche i lavoratori e le lavoratrici migranti sovente a nero e sfruttati nelle campagne italiane o tra le mura domestiche. In particolare denunciamo l’assenza pressoché completa di dati sulla migrazione femminile che spesso equivale a una doppia forma di discriminazione. La situazione di comparti produttivi come quello agricolo è emblematica e ci preoccupa molto il fatto che non venga promossa un’indagine sulla condizione dei cittadini stranieri, sul contributo dell’economia sommersa, soprattutto in questi contesti segnati da sfruttamento.
In questo senso abbiamo portato avanti con molte altre organizzazioni richieste ai decisori politici sia a livello regionale, che nazionale, affinché si realizzino misure urgenti per evitare che il virus raggiunga insediamenti informali, urbani o rurali, trasformandoli in un nuovo focolaio della pandemia.
Oltre a quella per la salute, la preoccupazione è di evitare “che il bisogno di braccia nelle nostre campagne rinsaldi ancora di più criminalità e sfruttamento”. Per far questo molte organizzazioni della società civile, fra le quali anche i promotori della campagna Ero Straniero, propongono la regolarizzazione di tutti i cittadini stranieri che versano in condizione di soggiorno irregolare. Questa è una misura quanto mai urgente per garantire a tutte e tutti il diritto alla salute e la tutela della salute pubblica.
È indispensabile che alla regolarizzazione, segua anche l'introduzione di un meccanismo di emersione dall’irregolarità di tipo ordinario. La proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero” in discussione alla Camera, di cui ActionAid è tra i promotori, prevede la possibilità di regolarizzare su base individuale chi è privo di titolo di soggiorno, attraverso un meccanismo sempre accessibile. L’obiettivo è superare la normativa esistente, che ha dimostrato di essere del tutto inefficace e che continua a produrre evasione fiscale e contributiva, illegalità, sfruttamento e marginalità sociale.
La trasparenza e la condivisione dei dati da parte delle istituzioni dunque non può limitarsi alle situazioni di emergenza. È necessario riconoscere una ‘valenza pubblica’ generalizzata, ancor più cruciale nei contesti di crisi ed emergenziali. È solo attraverso dati ufficiali che è possibile realizzare approfondimenti efficaci che permettano ai decisori politici l’elaborazione di misure efficaci e a chi comunica di rimanere ancorato alla realtà dei fatti.
In conclusione il nostro auspicio è che da questa crisi si esca rinnovati, grazie a un ritorno ad un dialogo reale tra cittadinanza e istituzioni, basato anche sulla possibilità di monitorare e costruire di concerto con la società civile, politiche efficaci basate sull’analisi dei dati. Auspichiamo quindi un post-emergenza che non sia un ritorno a prima, ma una possibilità per costruire, insieme, un punto di arrivo diverso. A Napoli ci stiamo provando gettando i semi di una nuova convivenza.