Questo sito utilizza cookie tecnici per migliorare la tua navigazione e cookie di analisi statistica di terze parti. I cookie di analisi possono essere trattati per fini non tecnici da terze parti.
Se accetti di navigare in questo sito, acconsenti all’uso di tutti i cookie e, in particolare, per permetterci di usare cookie di profilazione per aggiornarti sulle nostre attività in maniera personalizzata.
Se vuoi saperne di più Clicca qui.
12 Ottobre 2022
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 13 ottobre come Giornata internazionale della riduzione rischio da disastro per promuovere una cultura globale intorno a questo tema.
Se da un lato i singoli Paesi stanno portando avanti progressi nelle norme e nelle politiche pubbliche, dall’altro è necessario ancora molto impegno per promuovere a livello locale capacità in materia di riduzione del rischio. La ricorrenza del 13 ottobre mette quindi l’Italia di fronte ad una amara realtà se collegata all’alluvione avvenuta neanche un mese fa nella regione Marche.
Il 16 settembre un fenomeno meteorologico avverso, un temporale autorigenerante, si abbatte con inaudita violenza sul territorio marchigiano, nelle province di Ancona e Pesaro-Urbino. In poche ore l’acqua che esonda dai principali corsi d’acqua della zona, il Misa e il Nevola, porta a 12 vittime, una donna ancora dispersa e danni tuttora non quantificabili.
Immediatamente il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza e vengono stanziati 5 milioni di euro per l’attuazione dei primi interventi urgenti.
Ancora una volta il Paese si trova ad affrontare un'emergenza senza invece lavorare quotidianamente sulla prevenzione e mitigazione dei rischi, più vantaggiose e sempre più necessarie per rispondere agli effetti della crisi climatica.
Occuparsi di riduzione dei rischi implica, invece, un costante ed incessante processo di cura e manutenzione del territorio, di interventi strutturali.
Pianificazione, sensibilizzazione, preparazione: sono le parole chiave che dovrebbero guidarci.
Uno strumento che permette di identificare uno scenario, costruire consapevolezza intorno ai rischi del territorio, prepararsi per affrontare una potenziale emergenza il Paese lo ha: il Piano di Protezione Civile.
La pianificazione di protezione civile ai diversi livelli territoriali, dal nazionale al locale, è un elemento centrale della cosiddetta prevenzione non strutturale. La pianificazione permette di identificare sia scenari di rischio di un territorio e relativi passi da attuare prima che si verifichi un evento potenzialmente distruttivo, sia le azioni per rispondere a tale fenomeno. Tutti i comuni, per legge, devono dotarsi di un piano di protezione civile e costante deve esserne l’aggiornamento e l’adeguamento rispetto le mutate condizioni territoriali. Inoltre, come riportato nel Codice di Protezione Civile e successiva direttiva, la partecipazione della cittadinanza alla pianificazione è un elemento fondante e centrale dell’azione integrata di protezione civile.
In questo nuovo assetto della pianificazione che riconosce un ruolo attivo della popolazione rispetto al piano locale, una delle sue componenti essenziali è la diffusione: le persone che abitano un determinato luogo devono conoscerne i contenuti.
Nel caso di un’alluvione, ad esempio, le persone possono sapere come agire nella fase pre, di allertamento e durante, nell’adottare comportamenti di autoprotezione a tutela della loro incolumità. La responsabilità di disseminazione dei contenuti del piano è in capo alle amministrazioni, in primis - per un comune - alla figura del Sindaco, ovvero l’autorità di protezione civile sul territorio di propria competenza.
Nel recente caso delle Marche, al di là delle opportune verifiche e indagini in corso da parte della magistratura, una riflessione approfondita va certamente portata avanti sull’assenza o i ritardi nell’attivazione del sistema di allertamento da parte della Regione verso i comuni e, a cascata, sulla popolazione.
Purtroppo, la strada per costruire una cultura di resilienza nel nostro Paese è ancora lontana.
La pianificazione regionale di protezione civile sconta ritardi nel recepimento dell’ultima direttiva nazionale e così a cascata, anche i comuni o i livelli sovracomunali non hanno adeguato i propri piani; senza dimenticare che oltre all’elaborazione, un piano deve poi passare alla fase di attuazione. La salvaguardia della vita umana è uno dei primi obiettivi dell’attività di protezione civile e deve comporsi di una serie di azioni sinergiche, tra queste vi è anche la comunicazione e diffusione del piano.
Comunicare e informare la cittadinanza non sono, infatti, fondamentali solo nelle fasi prima ma anche durante l’evoluzione di un fenomeno e la successiva fase di risposta.
In linea con le direttive internazionali, anche in emergenza e nel superamento della stessa è necessario essere accountable. L’accountability è la capacità, in questo caso delle istituzioni, di permettere la partecipazione e l’inclusione dei diversi interlocutori, rendendo conto del proprio operato e garantendo trasparenza con informazioni verificate, basate e guidate dai dati. In emergenza l’accountability istituzionale è quanto mai necessaria per il bisogno di prendere decisioni rapide e di doverne dare conto alla collettività, facendo leva sul dovere dell’amministrazione nei confronti di cittadine/ni.
Allo stesso tempo comunicare le scelte e le decisioni che impattano sulla vita delle persone, farlo utilizzando linguaggi semplici, ma efficaci è una responsabilità a cui il mondo delle istituzioni non può sottrarsi.
Ancora una volta l’alluvione delle Marche ci porta a constatare l’assenza di uno spazio di informazione centralizzato con dati aggregati dai vari Comuni rispetto a:
Allo stesso tempo i comuni sono dotati di propri strumenti e metodi di comunicazione e informazione molto disomogenei o in taluni casi assenti.
Ciò che è successo in queste settimane induce a considerare che molto si debba ancora fare per arrivare ad una corretta accountability istituzionale.
I cambiamenti climatici in atto, la fragilità di un territorio fortemente antropizzato sono fattori con cui saremmo costretti a confrontarci sempre più. La riduzione dei rischi e l’accountability devono diventare cardini delle politiche pubbliche e allo stesso tempo occorre costruire basi più solide per un profondo cambiamento di paradigma culturale improntato sulla prevenzione, la mitigazione e la preparazione.
Perché il tema del rischio non può essere affrontato solo il 13 ottobre o quando il Paese fa i conti con le proprie perdite.