In vista della COP29, chiediamo al governo il rispetto degli impegni internazionali
La vetrina degli eventi internazionali
Le conferenze delle parti, note come COP, sono contesti in cui le delegazioni dei governi discutono, negoziano e, talvolta, prendono decisioni importanti per il futuro climatico del pianeta. Si tratta, tuttavia, anche di spazi di grandi visibilità mediatica. È assai comune osservare capi/e di stato e di governo cedere a dichiarazioni roboanti, poi disattese nell’applicazione, o che semplicemente precipitano in quel pozzo nero di scappatoie legali e parole limate con attenzione che finiscono per non impegnare sul serio i governi.
Durante la COP del 2023, ad esempio, la negoziazione sulla terminologia da utilizzare per dichiarare l’inizio dell’allontanamento dai combustibili fossili, rimarrà nella storia.
Ripercorrere all’indietro le COP permette, inoltre, di osservare il cambiamento di attitudine e di impegno dei governi rispetto all’impellenza della crisi climatica.
La COP 26: spartiacque dell’impegno su finanza pubblica
La COP di Glasgow del 2021 si è tenuta in Scozia sotto la presidenza del Regno Unito e la partnership dell’Italia. In quel contesto, approfittando della visibilità internazionale, trentaquattro governi, tra cui l’Italia, e cinque, tra istituzioni finanziarie pubbliche e banche multilaterali di sviluppo, hanno siglato una partnership internazionale. In questa, i firmatari si impegnano a trasferire il sostegno pubblico internazionale dal settore energetico dei combustibili fossili alla transizione verso l’energia pulita.
Le potenzialità di questo impegno sono enormi. Ove entrasse a regime, si stima che circa 28 miliardi di dollari l’anno potrebbero essere trasferiti verso fonti di energia pulita.
L’impegno, noto come Dichiarazione di Glasgow, ha visto molti paesi firmatari in questi anni operare nel rispetto dell’accordo. L’Italia non è tra questi.
Celeri nel dichiarare, lenti nell’attuare il cambiamento
Ad onore del vero, i finanziamenti pubblici internazionali da parte dei firmatari della Dichiarazione di Glasgow sono effettivamente in calo, ma questo è solo un lato della medaglia. Ad una riduzione sugli investimenti fossili dovrebbe corrispondere un aumento dei finanziamenti verso energia pulita, cosa che, purtroppo, non sta avvenendo.
La maggior parte dei firmatari ha eliminato o ridotto notevolmente i finanziamenti ai combustibili fossili. Tuttavia, si sono verificate alcune violazioni dell’impegno politico, in particolare da parte di Stati Uniti, Svizzera, Italia e Germania.
L’Italia, nonostante i passi avanti compiuti con la diminuzione dei volumi finanziati da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e SACE (Gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), risulta essere ancora il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il quinto a livello globale.
È importante evidenziare che l’impegno di Glasgow è stato assunto dal precedente Governo, presieduto da Mario Draghi, che contava con un Ministero della Transizione Ecologica. Quello stesso ministero è oggi scomparso ed è stato riconvertito in Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Le parole contano, ed infatti, al cambio di nome del ministero è corrisposto lo slittamento verso il basso nell’agenda dell’attuale governo dei temi di contrasto alla crisi climatica. A conferma di quanto detto, ossia evidenziare la difficoltà dell’attuale Governo nel prendere sul serio gli impegni internazionali sul clima, basterebbe osservare che, sempre il Governo Draghi, durante la presentazione della legge di bilancio 2022 fatta pochi giorni prima della COP di Glasgow, presentò il Fondo Italiano per il Clima.
Si tratta di un fondo di oltre 4 miliardi di euro, il più consistente intervento pubblico in Europa in materia di clima, che oggi è stato in gran parte riconvertito a strumento di applicazione del Piano Mattei, iniziativa di cui abbiamo più volte parlato, anche nel corso di un’audizione parlamentare e richiamato pubblicazioni più ampie.
L’appello
Già lo scorso anno, noi di ActionAid in collaborazione con altre organizzazioni italiane e 29 organizzazioni africane, avevamo rivolto un appello simile al governo, senza ottenere purtroppo risposta.
Reiteriamo oggi qui la nostra richiesta chiedendo al nostro governo l’interruzione immediata ai finanziamenti pubblici internazionali ai progetti fossili.