L’emergenza c’è, ma è tutta politica.
“Il vuoto dell’accoglienza”, così abbiamo intitolato l’ultimo report della serie Centri d’Italia. In questi cinque anni di lavoro questo vuoto non l’abbiamo solo identificato ma abbiamo ampiamente denunciato come stesse diventando sempre più grande, fagocitando vari pezzi di politica, informazioni, di diritti. Perché dentro il vuoto dell’accoglienza delle persone rifugiate e richiedenti asilo in questi anni ci è caduto di tutto.
In primo luogo, ci sono caduti i dati, ovverosia le informazioni essenziali. Dal 2018 ci facciamo carico di ricostruire e mettere a disposizione di tutte e tutti la filiera dei dati. Si tratta di informazioni essenziali per conoscere ma anche per valutare le politiche pubbliche.
In secondo luogo, è un vuoto di responsabilità. La diffusione dei dati dovrebbe essere in carico al Ministero dell’Interno. Il Parlamento dovrebbe esigerli. Nulla di tutto ciò accade, o accade con grande ritardo. Le riforme politiche realizzate in questi anni dovrebbero chiaramente essere basate su indicatori quantitativi e qualitativi noti a tutte e tutti. Purtroppo, non è così. Assistiamo da troppo tempo a riforme guidate da un interesse propagandistico più che politico. Senza nessun interessamento - per non parlare del coinvolgimento mai neppure immaginato - per i destinatari di queste politiche o per i territori che ospitano le strutture.
Ovviamente il vuoto di responsabilità, di accountability come dicono gli inglesi, non si ferma alla questione della pubblicazione dei dati e del ruolo del Parlamento nell’esigerli. Piuttosto, questo vuoto evidenzia le responsabilità dello svuotamento dei diritti delle persone in fuga.
Perché anche, e forse soprattutto, i diritti sono caduti nel vuoto dell’accoglienza in questi anni. L’accesso all’accoglienza - e quando parliamo di accoglienza intendiamo misure giuridiche semplificate e luoghi dignitosi messi a disposizione di persone che richiedono una qualche forma di protezione internazionale - l’accesso all’accoglienza dicevamo, è minato da pratiche che vanno a deterrenza del diritto stesso. Si tratta di veri e propri ostacoli inseriti volutamente per rendere difficoltoso l’accesso all’accoglienza complicando l’esigibilità di un diritto. Perché, è sempre bene ricordarlo, parliamo di diritti, non di pratiche volontarie o di solidarietà.
Nel report di quest’anno tutto ciò emerge ancora più chiaramente e si concretizza in un dato che da solo riesce a smontare la propaganda degli ultimi anni: esistono ogni anno migliaia di posti liberi nel sistema di accoglienza. Oltre 20.000 nel 2021, ma nel 2018 erano oltre 38.000. In media il 20% negli ultimi 4 anni.
Come giustifichiamo allora le file di fronte alle questure e le persone costrette a vivere all’addiaccio perché impossibilitate ad accedere al sistema? Sulla base di cosa sentiamo parlare da anni di “emergenza migranti” o di “sistema al collasso”?
Il report di quest’anno contribuisce a colmare questo vuoto, ricordando, come facciamo ormai dal 2018, che la vera emergenza, la vera crisi, è politica.