Perché non possiamo non esserci.
In ActionAid la nostra ricetta per il cambiamento prevede sempre alcuni ingredienti imprescindibili: una lettura trasversale delle disuguaglianze e delle discriminazioni, siano esse economiche, di genere o stampo razzista e xenofobo; la costruzione di comunità in lotta per obiettivi condivisi; la ridistribuzione sociale delle risorse e del potere che servono per realizzare questi cambiamenti. In altre parole, ci battiamo per una democrazia di qualità.
Per queste ragioni, la battaglia per la riforma della legge 91 del 1992 che regola l’acquisizione della cittadinanza italiana non può che essere la nostra battaglia.
La mancata riforma in numeri
Parliamo del fatto che dei 5 milioni di stranieri presenti in Italia, approssimativamente tra 1.8 e 2.5 milioni di persone (dati indagine YouTrend per ActionAid), per lo più giovani e bambini, siano escluse dalla cittadinanza pur essendo nate o cresciute in Italia, o vivendovi stabilmente da tempo (almeno il 3% dell’intera popolazione). Di queste, più della metà sono maggiorenni. Questo primo impressionante numero ci spinge a chiederci se si possa davvero dire che in Italia si voti a suffragio universale.
Ma leggere questo dato come un blocco monolitico non restituisce la qualità delle discriminazioni che esso sottende. E’ nel dna di ActionAid affrontarlo invece nella sua complessità.
All’interno di questo numero troviamo infatti circa un milione di giovani che si stanno avvicinando alla maggiore età o l’hanno già raggiunta, che subiscono, a seconda di diversi fattori, una somma di penalizzazioni rispetto ai propri coetanei tali da rendere difficilissimo parlare di eguale accesso a diritti e opportunità, al contrario di quanto prevede la nostra Costituzione.
Il 10% degli studenti delle scuole italiane non ha la cittadinanza. Di questi, addirittura il 65% è nato in Italia. Questi giovani, in attesa di scrivere il proprio futuro, sono legati quindi non solo, come tutti gli altri, alle condizioni socio-economiche dei propri genitori, ma anche alla loro condizione giuridica e al loro permesso di soggiorno, che ne mette in discussione persino la permanenza nel Paese dove sono nati e cresciuti.
Senza la cittadinanza, una volta finita la scuola dell’obbligo, li attende una diseguale possibilità di accesso alle occasioni formative, alle esperienze all’estero, e poi al mercato del lavoro, in primis quello pubblico. Mentre le discriminazioni in altre sfere, come nello sport agonistico, si fanno sentire già da prima della maggiore età. Pensiamo anche all’impossibilità di rappresentare l’Italia nelle competizioni internazionali, e al contraccolpo simbolico e psicologico che ne deriva.
Sei donna? Le difficoltà aumentano
Cambiando lente, guardando al genere, troviamo che le cittadinanze vengono rilasciate mediamente prima agli uomini che alle donne. Questo vuol dire che in un nucleo familiare, anche per quanto riguarda la cittadinanza, il destino di molte donne viene spesso subordinato a quello di padri e mariti. Questa differenza, che è legata principalmente al diseguale accesso al mondo del lavoro, in particolare quello in regola, diventa una discriminante che in alcuni casi può rivelarsi molto pericolosa. Pensiamo a quanto possa essere più difficile divorziare o peggio denunciare una violenza.
Queste motivazioni strutturali rendono la riforma per la cittadinanza una delle principali urgenze per lo Stato italiano e per la politica, laddove quest’ultima avesse un sincero interesse a combattere le disuguaglianze e le discriminazioni.
Dalla parte giusta della storia
Oltre a queste ragioni, che come abbiamo visto toccano tutte le aree di lavoro su cui noi di ActionAid siamo impegnati in Italia, come nel resto del mondo, c’è un’altra buona motivazione che ci ha portato all’interno della Rete per la riforma della cittadinanza e della campagna “Dalla parte giusta della storia”: il protagonismo delle nuove generazioni. Il nostro percorso sulla cittadinanza è partito da giovani attiviste e attivisti di diverse città italiane che con ActionAid erano impegnate/i su vari progetti ed erano senza cittadinanza. Insieme a loro abbiamo conosciuto tante altri/e attivisti e attiveste di diversi collettivi e associazioni delle nuove generazioni impegnati in appassionate battaglie sociali e civili. D’altra parte, come emerso in una ricerca di Youtrend/ActionAid del 2021, più del 50% dei giovani senza cittadinanza si impegna in forme attive di partecipazione nella propria comunità, attraverso la scuola, il volontariato, il sindacato, la politica. Con queste/i giovani abbiamo deciso di unire le forze e mettere a disposizione le nostre competenze nel campaigning, nel lavoro di advocacy con i decision makers, e nel community engagement.
Italia dimmi di Sì
Il giorno di San Valentino è stato rivelatore di questo percorso comune a fianco della Rete per la riforma della cittadinanza.
Attiviste e attivisti sono scesi in piazza a Roma per chiedere all’Italia un sì alla riforma. È stata un’emozione fortissima vedere giovani delle nuove generazioni in piazza oggi. Dopo mesi di lavoro assieme per preparare la campagna nelle sue parti comunicative e nelle sue parti di advocacy, sono riusciti a trasferire un messaggio d’amore, ma anche di rabbia per questa riforma che da troppo tempo viene rimandata. Ora è il momento di dire di sì.
Perché il futuro di questo paese è delle nuove generazioni, a prescindere dal luogo di nascita proprio o dei propri genitori. Una riforma della legge sulla cittadinanza vuol dire avere un’Italia più giusta ed equa per tutti e tutte, ed è necessaria adesso.