Attivismo: motivi, competenze, dubbi, metafore
Una fiamma, una porta, un paio di lenti o un paio d’ali?
Cosa vuol dire praticare attivismo? Come ci trasforma? Che ruolo ha la comunità? Che ruolo hanno competenze ed emozioni?
Nei mesi di co-progettazione del programma di Capacity Building di Global Platform Italia alcune metafore ci hanno accompagnato per capire, scegliere e scartare.
Che cos’è per noi attivismo?
L’attivismo è uno stato di partecipazione alla vita sociale che si pone l’obiettivo di cambiare una determinata situazione. È sia un fuoco che brucia dentro sia una fiamma che si propaga intorno a noi. La volontà del cambiamento può nascere come una fiamma, da un’esigenza individuale o collettiva, o da una riflessione critica che si sviluppa in dimensione comunitaria. Si può fondare su un senso di appartenenza comune o nascere intorno a un obiettivo condiviso.
Non è una predisposizione perché chiunque, con determinati input o riflessioni, può diventare attivista. In questo senso è una porta. Permette di entrare in un’altra realtà e cambiare l’ambiente intorno a sé, passando da una piccola stanza buia ad un immenso giardino fiorito.
Non è nemmeno una metodologia poiché, seppur le varie forme di attivismo presentino caratteristiche comuni, non vi sono schemi o strutture da rispettare. Quando si è attiviste/i si indossano delle lenti che fanno vedere l’ambiente circostante in maniera differente e condizionano relazioni, comportamento e obiettivi, ed è difficile che si rimanga confinate/i all’ambito di partenza. Attivismo è un paio d’ali che consentono di guardare dall’alto la società, chi ne fa parte e i suoi molteplici aspetti.
Perché siamo qui?
Siamo un gruppo di attiviste/i impegnate in azioni a livello locale, nazionale, e globale. Nel nostro percorso abbiamo incontrato ActionAid Italia: avere una visione comune con ActionAid ci ha permesso di partecipare a formazioni, scambi e di condividere campagne e rivendicazioni unendo locale e globale. E’ questo il valore aggiunto di tutto il percorso di Global Platform Italia, il network per l’attivismo youth-led di ActionAid, di cui anche questo programma fa parte.
Il Programma di Capacity Building è una sperimentazione, il tentativo di raccogliere in un unico contenitore competenze e spunti raccolti sin qui. Una sperimentazione aperta a chi sta iniziando a fare attivismo, con i propri percorsi e storie, ma anche a chi è già attivista e vuole acquisire nuove pratiche e strumenti ed entrare in connessione con attivist* dal resto dell’Italia e del Mondo.
Il Programma nasce dall’esigenza e dal desiderio – nostri ma comuni a tutte/i i/le attivisti/e – di incontrarsi e di sapere di non essere sole/i in questa pratica, consapevoli della rigidità delle cose attorno e della necessità del lavoro di squadra per cambiarle.
Lo abbiamo pensato come opportunità di crescita per chi cerca risposte ai primi dubbi che spaventano ogni attivista prima di partire.
Mentre lo co-progettavamo abbiamo sperimentato alcuni strumenti con altre/i attiviste/i: partecipando ai tavoli degli Stati Generali della Scuola a Roma organizzati da Unione degli Studenti e altre organizzazioni tra cui ActionAid, e facilitando un workshop di progettazione con il circolo Arci Margot di Carmagnola.
Questo ci ha permesso di progettare uno spazio sicuro, sensibile a chi lo frequenta, capace di seguire i percorsi individuali per significarlo e trasformarlo strada facendo.
La formazione permetterà di costruire una cassetta degli attrezzi per generare cambiamento. Gli spazi di confronto e i project work permetteranno di applicare in azioni concrete quanto studiato.
Non sarete sole/i: un programma che è anche una comunità
Il programma non è solo un percorso di formazione. Entrarci significa entrare in una comunità di pratica e di cura, fatta di persone che da tutta Italia avvertono nella loro quotidianità la volontà di cambiamento. L’attivismo non è possibile senza il lavoro di gruppo: la conoscenza reciproca e la condivisione di competenze permetteranno di formarsi e generare spazi di decompressione e di relazione.
Alcune/i di noi sono impegnate come mentor dei gruppi proprio per sapere come va, cosa non funziona, cosa trasformare, e fare del programma un oggetto collettivo.