Le banche principali responsabili della crisi climatica
Il nuovo rapporto di ActionAid mostra lo squilibrio tra gli investimenti privati alle cause del cambiamento climatico e i finanziamenti pubblici per contrastarlo.
Come possiamo contrastare in modo efficace il cambiamento climatico se continuiamo a finanziarne le principali cause, attraverso gli investimenti delle grandi banche private?
Il Report “How the Finance Flows” di ActionAid fotografa una preoccupante realtà: a sette anni dall’Accordo di Parigi, gli investimenti con cui i principali gruppi bancari hanno finanziato in 134 Paesi del Sud globale i settori che più contribuiscono alla crisi climatica – ossia l’industria dei combustibili fossili e l’agricoltura industriale – sono 20 volte superiori ai fondi pubblici che i governi hanno stanziato per il contrasto al climate change nei medesimi Paesi.
Una corsa impari, in cui chi perde e subisce sono le persone, specialmente in Africa, Asia e America Latina, dove gli impatti del cambiamento climatico sono sempre più devastanti, tra cicloni, incendi, siccità e inondazioni mai sperimentate prima.
Dal 2016, riporta lo studio, le principali banche private mondiali hanno infatti investito 3,2 trilioni di dollari nel sostegno all’industria delle fossili e 370 miliardi di dollari per finanziare l’agribusiness, mentre le risorse a sostegno della lotta al cambiamento climatico stanziate dai governi del Nord per i Paesi più interessati dagli impatti del clima sono stimati ad appena 21-24,5 miliardi di dollari nel 2020.
In cima alla lista degli istituti bancari responsabili si colloca HSBC, con 17,2 miliardi di dollari destinati all’agricoltura industriale tra il 2016 e il 2022, seguita da JPMorgan Chase (14,2 miliardi di dollari), Bank of America (14 miliardi di dollari), Citigroup (13,9 miliardi di dollari) e Mitsubishi UFJ (13,2 miliardi di dollari): tutte banche che hanno sede in USA, Europa, Cina e Giappone.
Tra i principali beneficiari di questi ingenti investimenti la Bayer, secondo produttore mondiale di prodotti agrochimici, che dal 2016 ha ricevuto circa 20,6 miliardi di dollari.
“Fiumi di denaro stanno fluendo nella direzione sbagliata, destinati più alle cause della crisi climatica che alle soluzioni. È inaccettabile che le banche più importanti al mondo dichiarino pubblicamente l’impegno sul clima, ma continuino a finanziare combustibili fossili e agricoltura industriale” – afferma Marco De Ponte, Segretario generale ActionAid Italia – “A farne le spese sono le comunità in Africa, Asia e America Latina che subiscono l’impatto delle decisioni prese nei consigli di amministrazione nel nord del mondo, dove si concentra il potere economico e decisionale. Ma ne fanno le spese anche gli italiani, dati gli effetti che il cambiamento climatico sta producendo anche in Europa. E anche in Italia le banche private e pubbliche – pur capaci di muovere somme meno ingenti – devono porsi domande su dove investire se davvero intendono preservare il pianeta.”
Un’inversione di rotta è necessaria e possibile, ma finché gli investimenti andranno nella direzione sbagliata, si ritornerà sempre al punto di partenza.
“Le soluzioni sostenibili come l’agroecologia, che potrebbero sfamare il mondo e mantenere basse le temperature, sono minate dalle grandi multinazionali dell’agricoltura industriale, finanziate in modo eccessivo” – ci racconta Mary Afan, agricoltrice e coordinatrice di una rete di produttori in Nigeria – “I governi e i finanziatori devono dare priorità all’aumento del sostegno e della formazione agroecologica per i piccoli agricoltori e incoraggiare la fine della deforestazione e dell’uso eccessivo di sostanze chimiche per la produzione di prodotti di base. Sostenere l’agroecologia significa muoversi verso il finanziamento del nostro futuro, piuttosto che della nostra distruzione.”
A partire da oggi, con la nostra campagna internazionale #FundOurFuture, chiediamo alle imprese che ricevono finanziamenti dalle banche private, ai fondi pubblici e agli istituti finanziari di fermare gli investimenti in combustibili fossili e nell’agricoltura industriale e sollecitiamo i governi perché pongano dei limiti al finanziamento di questi settori da parte delle banche. Nei mesi e negli anni a venire dialogheremo anche con gli investitori italiani, privati ma in particolare pubblici, perché una transizione giusta ed equa venga sostenuta anche nel nostro Paese.
Scarica la sintesi in italiano del report “How the finance flows”